Il danno alla mucosa persiste in un bambino su 5 a un anno dalla diagnosi. L’assenza di sintomi e la misurazione degli anticorpi non sono sufficienti
La dieta senza glutine rimane l’unica terapia efficace per contenere i sintomi e i danni alla mucosa intestinale che si osservano nelle persone celiache. Ma i benefici non riguarderebbero l’intera popolazione dei malati, che in Italia conta poco più di 180mila pazienti.
Un celiaco su cinque, infatti, non vedrebbe migliorare le lesioni della parete dell’intestino: pur aderendo in maniera rigorosa alla dieta senza glutine. Un risultato sorprendente, che non cambierà l’approccio alla malattia - l’intervento dietetico rimane l’unica strategia efficace per cronicizzare l’intolleranza al glutine, senza particolari contraccolpi per i pazienti - ma potrebbe portare a una differente gestione dei controlli nel tempo.
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IL DANNO INTESTINALE PERSISTE IN 1 BAMBINO SU 5
L’ultimo studio, condotto dai ricercatori del Massachusetts General Hospital e dall’ospedale pediatrico di Boston e pubblicato sul Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition, ha evidenziato come l’aderenza alla dieta senza glutine non sempre dia i risultati sperati. L’indagine è stata condotta in maniera retrospettiva sulle cartelle cliniche di 103 bambini celiaci, trattati nelle due strutture.
Tutti, sotto stretto controllo di un medico o di un dietista, avevano seguito in la dieta senza glutine nell’ultimo anno. Eppure, alla biopsia di controllo, il 19 per cento di loro (1 su 5) presentava i segni intestinali - dal semplice aumento dei linfociti in una mucosa per il resto normale (celiachia latente-potenziale) fino al danno più severo descritto come atrofia totale, alla base del deficit di assorbimento dei nutrienti - tipici della malattia. «Il numero dei bambini che non guariscono, pur seguendo una dieta senza glutine, è in effetti più alto rispetto a quello atteso», è il commento di Alessio Fasano, direttore del centro di ricerca e trattamento della celiachia e della divisione di nutrizione e gastroenterologia pediatrica del Massachusetts General Hospital, tra gli autori della pubblicazione.
DIETA SENZA GLUTINE: PERCHE' NEI NON CELIACI PUO' ESSERE DANNOSA?
BIOPSIA DI CONTROLLO: SI O NO?
Il danno intestinale è risultato persistente, pur notando una riduzione dei sintomi e degli anticorpi rilevati nel follow-up della malattia (anti-tireogloblulina e anti-tireoperossidasi). Segno che i due parametri - la misurazione degli anticorpi e l’assenza di sintomi - da soli non bastano a misurare il decorso della celiachia. Se in Italia oggi la biopsia nei bambini è spesso esclusa anche al momento della diagnosi, le linee guida statunitensi per la gestione dei pazienti pediatrici raccomandano una biopsia al momento della diagnosi e un follow-up (per la prima volta semestrale, poi annuale) basato esclusivamente sul monitoraggio dei parametri ematici.
Ma secondo Ivor Hill, gastroenterologo pediatra al Nationwide Children’s Hospital di Columbus, «fino a quando non ci sarà un mezzo affidabile meno invasivo per determinare la guarigione della mucosa intestinale, la biopsia rimarrà l’indagine più affidabile per la diagnosi e la sorveglianza della celiachia nei bambini».
Un’indicazione che gli autori dello studio hanno già recepito: per rilevare la persistenza del danno intestinale, d’ora in avanti tutti i pazienti con più di dieci anni seguiti al Massachusetts General Hospital saranno controllati con una gastroscopia a un anno dall’inizio della dieta senza glutine. L’obiettivo è ridurre il rischio il rischio che sviluppino linfomi, perdita della densità ossea e fratture: condizioni che risultano più frequenti nei celiaci.
Secondo gli autori, però, «il malassorbimento e l’infiammazione persistente possono avere ripercussioni anche sullo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini».
I CELIACI NON SONO TUTTI EGUALI
Il ritorno a un approccio più invasivo rappresenta un passo indietro nella gestione della celiachia. Negli anni ’70, infatti, i pediatri erano tenuti a eseguire tre gastroscopie ai bambini: una al momento della diagnosi, la seconda dopo un anno di dieta senza glutine e la terza nei successivi sei mesi, dopo che il paziente aveva ricominciato a inserire il glutine nella dieta.
Vent’anni più tardi, con lo sviluppo degli strumenti di screening ematici, il numero degli esami endoscopici è stato ridotto a uno: quello effettuato per avere la conferma della diagnosi. Adesso il dietrofront. I celiaci, evidentemente, non sono tutti eguali.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).