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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 11-05-2017

Una cover per diagnosticare le malattie oculari nei bambini



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Si chiama «D-Eye» la cover che trasforma lo smartphone in un oftalmoscopio più comodo di quello standard. L’esame del fondo oculare può essere registrato e condiviso con altri specialisti e rende più precisa l’analisi della retina

Una cover per diagnosticare le malattie oculari  nei bambini

Una cover originale, ma pure utile per i medici. Si chiama «D-Eye» la custodia che trasforma lo smartphone in uno degli strumenti più utili nell’ambulatorio di un pediatra o di un oculista. Il device è infatti in grado di analizzare il fondo dell’occhio. L’esame permette di osservare lo stato del corpo vitreo (il gel che riempie il bulbo oculare) e le sue eventuali degenerazioni. Il primo appuntamento avviene già nel nido ospedaliero, per il test del riflesso rosso. Poi è richiesto nel bambino a cadenza semestrale almeno fino al terzo anno di vita. Ma l’esame con l’oftalmoscopio non è così semplice da effettuare. Da qui l’idea di poter indagare la salute oculare attraverso lo smartphone.
 

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«D-EYE»: ECCO COME FUNZIONA

«D-Eye» è stato messo a punto da Andrea Russo, oculista della clinica oftalmologica dell’Università di Brescia. La sua efficacia è stata ribadita in due pubblicazioni: una apparsa sull’American Journal of Ophtalmology, l’altra sul Journal of Ophtalmology. In entrambi i lavori, le conclusioni parlano chiaro: l’oftalmoscopio tascabile può diventare un valido strumento per effettuare screening di popolazione. Come spiegato da Russo in occasione del Campus pediatrico 2017, organizzato dall’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) e dalla Società Italiana Medici Pediatri (Simpe), «l’idea è nata dalla necessità di esaminare le retine di un elevato numero di pazienti affetti da ipertensione e diabete». Il dispositivo, utilizzando la luce Led dello smartphone, è in grado di restituire un’immagine nitida della retina: più ampia rispetto a quella che si ottiene dal normale oftalmoscopio. Inoltre la capacità di messa a fuoco dello smartphone permette di compensare l’eventuale difetto visivo del paziente. In questo modo l’esame del fondo oculare risulta meno invasivo per il paziente, che oggi col normale strumento è costretto a ricorrere a un collirio e ad attendere almeno mezzora per una completa dilatazione. «D-Eye» è anche social, perché le immagini possono essere registrate e condivise con i colleghi per un consulto in caso di sospetto diagnostico.
 


UNA RIVOLUZIONE PER LA DIAGNOSI DELLE MALATTIE OCULARI DEL BAMBINO 

L’esame del fondo oculare permette anche di visualizzare l’albero vascolare della retina (da qui l’utilità nel monitoraggio delle retinopatie diabetica e ipertensiva) e osservare la macula. Ecco spiegata la sua utilità fin dai primi anni di vita, al fine di riconoscere in maniera precoce retinopatie, forme di cataratta congenita, casi di retinoblastoma. A tre anni, inoltre, tutti i bambini vengono sottoposti allo screening dell’ambliopia: la cosiddetta sindrome dell’occhio pigro. «Non è facile tenere un bambino piccolo fermo per analizzare il fondo dell’occhio e, per esempio, valutare se c’è il riflesso rosso indicativo di anomalie della retina - osserva Giuseppe Mele, presidente di Paidòss -. Uno strumento come questo, che consente di fare un’analisi approfondita della retina, del nervo ottico e del cristallino soltanto avvicinando l’iPhone al viso del bimbo, permette di fare diagnosi rapidissime, più semplici e anche più precise rispetto all’oftalmoscopio classico. Lo strumento standard infatti deve essere quasi appiccicato alla faccia e non è gradito, mentre chiedere a un piccolo di guardare la lucina di uno smartphone, peraltro di intensità attenuata e filtrata rispetto a quella del flash, non crea fastidi, anzi: i cellulari sono oggetti che affascinano tutti i bimbi».

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MA AL MOMENTO «D-EYE» ESISTE SOLO PER IPHONE

Per ora la cover in alluminio (alle cui funzionalità si accede grazie a una specifica app da installare sul telefono) deve essere acquistata dal singolo specialista o da un’azienda sanitaria locale. La semplicità d’uso lo rende perfetto per essere utilizzato ovunque, anche se per adesso il maggior limite è la compatibilità con i soli iPhone. «L’iPhone è lo smartphone con una geometria più stabile, per cui per il momento ci siamo concentrati su questi modelli - afferma Russo, che ha depositato il brevetto tre anni fa e poi, grazie all’incubatore di start up padovano Si14, ha iniziato a produrlo a livello industriale -. L’obiettivo è creare un device universale che possa adattarsi a qualunque modello di cellulare. Il dispositivo potrebbe risultare utile anche per riconoscere le alterazioni retiniche nei pazienti con glaucoma». Secondo Mele «D-Eye», in futuro, «potrà probabilmente sostituire l’oftalmoscopio standard».

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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