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Oncologia
Redazione
pubblicato il 24-11-2011

Semi di speranza per i tumori cerebrali



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Nel corso della conferenza mondiale The Future of Science di Venezia, l’AIRC, Associzione italiana per la Ricerca sul Cancro, ha presentato i risultati delle più avanzate ricerche nell’ambito dei tumori cerebrali attraverso la lezione di William Weiss, neurologo dell’Università della California, uno dei massimi studiosi dell’argomento

Semi di speranza per i tumori cerebrali

Nel corso della conferenza mondiale The Future of Science di Venezia, l’AIRC, Associzione italiana per la Ricerca sul Cancro, ha presentato i risultati delle più avanzate ricerche nell’ambito dei tumori cerebrali attraverso la lezione di William Weiss, neurologo dell’Università della California, uno dei massimi studiosi dell’argomento

Sono rari ma non per questo meno temibili. I tumori del cervello, che secondo i dati del Registro italiano tumori interessano ogni anno circa 4500 italiani, sono stati oggi al centro della lezione di William Weiss, neurologo dell’Università della California, presente alla conferenze The Future of Science su invito di AIRC; l’associazione italiana per la ricerca sul cancro. Astrocitomi, medulloblatsomi e, soprattutto, glioblastomi sono stati per molti anni le bestie nere della ricerca oncologica: il cervello è infatti un organo complesso da raggiungere. I farmaci vi hanno accesso con difficoltà per via della speciale barriera (la barriera ematoencefalica) che la natura ha messo a protezione del nostro organo più nobile. Infine, elemento non secondario, è piuttosto difficile studiare un tumore raro perché i ricercatori non hanno a disposizione sufficiente materiale su cui compiere le analisi genetiche e testare eventuali terapie. Con lo sviluppo dell’oncologia molecolare, però, anche in questo ambito si sono aperti nuovi spiragli, anche grazie all’apporto di scienze molto più ‘vecchie’ come l’embriologia.

“E’ studiando lo sviluppo del cervello nelle prime fasi della vita embrionale che possiamo trovare la chiave per curare le forme tumorali che colpiscono questo organo” ha spiegato Weiss. Durante la formazione degli organi sono le cellule staminali, così chiamate perché, come i semi, sono capaci di riprodursi all’infinito, a giocare il ruolo più importante. Queste stesse cellule, secondo le ricerche più avanzate, sono responsabili della formazione di molti tumori solidi. “Nel caso del cervello abbiamo scoperto che le colpevoli sono cellule intermedie tra quelle comuni, i neuroni, e le staminali. Si chiamano cellule progenitrici e servono a fornire nuovi elementi cellulari per il rinnovamento dei tessuti”.

Le cellule progenitrici estratte dai tessuti tumorali umani mostrano alcune mutazioni genetiche che spiegano la loro trasformazione maligna. “Le cellule dei tumori cerebrali hanno bisogno di poche mutazioni genetiche rispetto ad altri tipi di tumore, come quello al seno. Bastano 36 mutazioni contro 101 per il seno. Questo ci permette di creare in laboratorio modelli animali del tumore (per esempio topi che sviluppano forme simili a quelle umane) per studiarne l’evoluzione e testare nuove terapie” spiega Weiss.

Le speranze di cura, soprattutto per il glioblastoma (il più aggressivo), che costituisce da solo quasi la metà di tutti i tumori al cervello primari (che non sono il risultato di una metastasi proveniente da un altro organo) vengono anche dalla manipolazione genetica delle cellule staminali e progenitrici. Nel laboratorio di Weiss sono state portate avanti, nell’animale, sperimentazioni di successo e la speranza è quella di poter presto estendere queste tecniche all’uomo.

“Un tumore al cervello può interferire anche con le funzioni cognitive delle persone, perché si tratta di un organo particolare, dove non si può agire come su qualsiasi altra parte del corpo” ha spiegato l’esperto. “La chirurgia ha armi limitate e spesso, specialmente nel glioblastoma, le infiltrazioni di cellule tumorali nei tessuti sani sono tali da rendere difficile l’identificazione dei confini del tumore”.

Ecco perché gli studi genetici e, soprattutto, le sperimentazioni che coinvolgono le cellule staminali e progenitrici, ovvero l’origine stessa della malattia, aprono nuove speranze e costituiscono una vera svolta nell’approccio alla malattia.

Daniela Ovadia

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