Collaborazioni internazionali e nuove strategie potrebbero migliorare la situazione. L'analisi dell'ESMO Global Consortium pubblicata su Annals of Oncology
In diverse nazioni l'accesso ai farmaci di base per la cura dei tumori più frequenti resta ancora un miraggio. Un nuovo studio dell’ESMO Global Consortium -pubblicato dalla rivista Annals of Oncology- ha rilevato che nonostante alcune iniziative politiche e sanitarie le disparità nell’accesso ai trattamenti salvavita per il cancro persistono. Una situazione che porta con sé gravi conseguenze per i pazienti, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito. Ma a contribuire al rallentamento dei progressi è stata anche la pandemia Covid-19. Ne parliamo in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro, che si celebra ogni 4 febbraio, per accendere i riflettori su una sfida ancora irrisolta.
CHE COSA SONO I FARMACI ESSENZIALI?
Uno dei principali compiti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in fatto di oncologia è quello di aggiornare periodicamente una lista di farmaci considerati essenziali per la gestione del cancro. Questi includono sia chemioterapici tradizionali -come cisplatino e paclitaxel- sia terapie più recenti e mirate, come gli inibitori delle tirosin-chinasi per il tumore al polmone o gli anticorpi monoclonali per il carcinoma mammario HER2-positivo. L’obiettivo è garantire che questi trattamenti siano disponibili e accessibili a tutti i pazienti, indipendentemente dal contesto economico del Paese in cui vivono.
QUANDO LA SALUTE DIPENDE DALLA NAZIONE IN CUI SI VIVE
Eppure, nonostante le chiare indicazioni dell'OMS, l'accesso a queste terapie è tutt'altro che scontato in molte nazioni. «Ciclicamente -spiega il dottor Dario Trapani della Divisione Sviluppo Nuovi Farmaci per Terapie innovative all'Istituto Europeo di Oncologia e Chair del Cancer Medicine Committee dell'European Society for Medical Oncology- come ESMO ci occupiamo di monitorare, nazione per nazione, la situazione sull’accesso ai farmaci essenziali. Queste indagini hanno l’obiettivo di verificare, farmaco per farmaco, se il paziente può riceverlo gratuitamente, con una quota a suo carico o se deve sostenerne interamente il costo».
L'ultima indagine, condotta su 126 Paesi, ha mostrato nuovamente che nelle nazioni ad alto reddito i farmaci oncologici essenziali sono quasi sempre disponibili, con costi coperti dal sistema sanitario o con minimi oneri per i pazienti. «Al contrario -prosegue Trapani- nei Paesi a basso e medio reddito il 40% dei farmaci chemioterapici essenziali è accessibile solo a pagamento e per i farmaci innovativi la situazione è ancora più critica. Non solo, molti trattamenti rimangono economicamente proibitivi per i pazienti ma in alcuni casi sono del tutto assenti dai prontuari nazionali. Ciò significa che in quegli stati il farmaco non è proprio disponibile indipendentemente da una questione economica». Tra le nazioni con le maggiori difficoltà emergono Afghanistan, Burkina Faso, Madagascar, Nigeria e Haiti, dove anche farmaci di base come cisplatino e paclitaxel sono spesso indisponibili o accessibili solo con un pagamento a carico del paziente. La situazione è altrettanto critica in Venezuela e Libano, dove l’instabilità economica e politica ha aggravato le carenze di medicinali oncologici essenziali, compromettendo l’accesso alle cure per migliaia di pazienti.
L’IMPORTANZA DELLE SOCIETÀ SCIENTIFICHE
Ma al di là dell'instabilità politica di alcune aree, cosa fare concretamente per invertire questa tendenza? Alcuni Paesi, grazie al supporto nella stesura dei piani oncologici nazionali e delle strategie per il controllo del cancro dell'OMS ad esempio, hanno intrapreso iniziative concrete per migliorare l’accesso ai farmaci oncologici essenziali spesso con il supporto di organizzazioni scientifiche internazionali. Un esempio significativo descritto nel report è quello del Kazakistan, in cui si è operato una revisione dei piani oncologici col supporto di ESMO per rivedere e ottimizzare la propria lista di farmaci oncologici rimborsabili. «Il ruolo di ESMO in questo processo -spiega Trapani- è stato quello di fornire una metodologia rigorosa basata sulle proprie linee guida cliniche, sull’uso della scala di valore terapeutico ESMO Magnitude of Clinical Benefit Scale (MCBS) e sulla WHO Model List of Essential Medicines aiutando il paese a identificare le terapie realmente indispensabili e con il maggiore impatto clinico – ed anche, a disinvestire su regimi obsoleti e non prioritari. Grazie a questo lavoro il Kazakistan ha eliminato dalla lista farmaci di basso valore terapeutico e ha allocato meglio le risorse, garantendo ai pazienti l’accesso gratuito o sovvenzionato ai trattamenti più efficaci. Un'esperienza che dimostra come con una pianificazione strategica si possa migliorare significativamente le cure per i pazienti oncologici».
IL RUOLO DELL’INDUSTRIA
Attenzione però a pensare che l'accesso dipenda solo da un problema organizzativo. Uno degli attori principali che potrebbe migliorare in parte l'accesso a questi farmaci è rappresentato chi li realizza e commercializza, ovvero l'industria farmaceutica. Le aziende, infatti, giocano un ruolo cruciale nel determinare la disponibilità e i costi dei farmaci oncologici nei diversi mercati e molte di loro hanno già avviato programmi per facilitare l’accesso ai trattamenti nei paesi a basso e medio reddito. In alcuni casi, le aziende adottano politiche di prezzi differenziati o accordi di fornitura agevolati per entrare in mercati emergenti, prevedendo condizioni economiche più vantaggiose per i sistemi sanitari locali – nell’ottica di quello che l’OMS chiama fair-pricing, ossia un prezzo adeguato alla situazione socio-economica del Paese. Una strategia che però non basta: «L'industria farmaceutica -aggiunge Trapani- dovrebbe iniziare a ragionare in un’ottica più globale, guardando oltre il profitto e adottando approcci strategici di sistema, che garantiscano una reale equità nell’accesso ai farmaci oncologici. Non si può prescindere dalla sostenibilità economica ma servono modelli di business che tengano conto delle esigenze sanitarie dei diversi paesi e le potenzialità di collaborare con l’industria verso obiettivi di sistema e di popolazione sono davvero molto ampie, rappresentando in ottica strategica un win-win per tutti i pazienti».
Un’altra leva per migliorare l’accesso ai farmaci nei paesi con risorse limitate è rappresentata dalla cosiddetta TRIPS flexibility, ovvero le flessibilità previste dagli accordi internazionali sui brevetti. L'Accordo TRIPS dell'Organizzazione Mondiale del Commercio consente ai governi di emettere licenze obbligatorie o adottare altre misure per produrre o importare versioni più economiche di farmaci essenziali quando l’accesso ai trattamenti è limitato da costi elevati. Questo strumento, però, è utilizzato raramente spesso a causa di pressioni politiche e diplomatiche da parte delle nazioni con un'industria farmaceutica forte. «Il TRIPS flexibility è una risorsa importante per garantire l’accesso ai farmaci oncologici nei paesi a basso reddito ma il suo utilizzo rimane limitato. Un maggiore impegno a livello politico e internazionale è fondamentale per rendere questa opzione realmente efficace» spiega l'esperto.
VEDERE IL BICCHIERE MEZZO PIENO
Nonostante le difficoltà emerse dall'ultimo report di ESMO, il futuro dell’accesso ai farmaci oncologici essenziali non è privo di speranza. Lo stallo osservato negli ultimi anni è stato in parte influenzato dalla pandemia che ha rallentato molti progetti di miglioramento sanitario e ha messo sotto pressione i sistemi sanitari di tutto il mondo. Ora, però, le condizioni stanno tornando favorevoli a un cambiamento. Le collaborazioni internazionali tra organizzazioni scientifiche, istituzioni e industria farmaceutica stanno diventando sempre più strategiche e mirate a garantire un accesso equo ai farmaci salvavita. Inoltre, la crescente consapevolezza politica e pubblica sull'importanza di ridurre le disuguaglianze sanitarie potrebbe spingere verso soluzioni più concrete. «Dobbiamo vedere il bicchiere mezzo pieno. Gli strumenti per migliorare l’accesso ai farmaci oncologici esistono e, se tutti gli attori coinvolti faranno la loro parte, possiamo aspettarci un futuro in cui sempre più pazienti, indipendentemente dal paese in cui vivono, potranno ricevere le migliori cure di cui hanno bisogno. La chiave sta nel rafforzare gli sforzi congiunti, evitando che barriere economiche, organizzative e logistiche possano ancora ostacolare il diritto alla salute» conclude Trapani.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.