I rumori fastidiosissimi che tormentano molte persone sarebbero dovuti a una malattia del midollo del nervo coclearie. La ricerca di alcuni specialisti americani sta sperimentando anche un possibile rimedio. Ma per ora siamo a livello di topi
I rumori fastidiosissimi che tormentano molte persone sarebbero dovuti a una malattia del midollo del nervo coclearie. La ricerca di alcuni specialisti americani sta sperimentando anche un possibile rimedio. Ma per ora siamo a livello di topi
Gli acufeni, che tormento. Chi ne soffre sente rumori fastidiosissimi, come fischi di treni, fruscii, crepitii, soffi. Rumori fantasma che non esistono, ma che gli torturano il cervello e lo spingono a provare qualsiasi cosa, dalla musica in cuffia a forti dosi di ansiolitici.
E’ un disturbo che danneggia la qualità della vita, e che vede impotenti gli specialisti: «Si rassegni a convivere con questo disturbo», dicono spesso. Esiste un ricco mercato di terapie illusorie, di nessun effetto.
E un paio di terapie palliative che hanno una certa efficacia, ma non sempre. Se si potesse individuare con certezza la causa degli acufeni, con grande probabilità si troverebbe anche una cura valida.
Ora un passo avanti è stato compiuto da ricercatori dell’Università di Pittsburg, negli Stati Uniti. Gli acufeni potrebbero essere dovuti a un disfunzionamento cellulare al livello del primo circuito midollare del nervo della coclea, l’orecchio interno.
E appare promettente un farmaco anti-epilettico. Nell’orecchio sono presenti molti canali, addetti alla funzione di udire. Ma l’ipotesi fatta dai ricercatori americani, anche se si tratta sempre di canali e di udito, si localizza questa volta nel midollo del nervo cocleare, in scala cellulare. Da questo nucleo cocleare passa obbligatoriamente tutta l’informazione che consente di udire.
LA RICERCA SUI TOPI - Gli acufeni sarebbero lo sgradito risultato di una malattia dei canali potassici al livello del nucleo in questione. Si può curare, questa malattia? I ricercatori pensano che abbia efficacia un farmaco anti-epilettico che agisce sui canali del potassio, e per testarlo hanno fatto un esperimento su topi.
I topi, dopo sedazione, sono stati sottoposti da un orecchio a un suono di 116 decibel, che corrisponde a una sirena d’ambulanza, per 45 minuti, la “soglia” conosciuta per provocare acufeni nel 50 per cento dei casi. Al fine di valutare l’efficacia dell’antiepilettico, la retigabina, a una parte dei topi è stato somministrato sotto forma d’iniezioni durante l’esposizione sonora, a 30 minuti dalla sua fine e poi due volte per i 5 giorni seguenti.
Sette giorni dopo l’inizio dell’esperimento, i ricercatori hanno testato i topi per sapere se avevano o no sviluppato gli acufeni. Li hanno sottoposti a un suono continuo di 70 decibel, interrompendolo brevemente ogni tanto. I topi senza acufeni percepivano la pausa e si calmavano, mentre gli altri non si rendevano conto che il suono era cessato, e continuavano ad agitarsi.
I ricercatori hanno constatato che i topi che avevano avuto il farmaco presentavano meno acufeni. Mentre non è stata una sorpresa che avessero sviluppato acufeni il 50 per cento dei topi non trattati.
Soddisfatti gli autori dell’esperimento: «E’ la prima volta – hanno detto – che le proprietà biofisiche di un canale del potassio sono collegate alla percezione di un suono-fantasma».
Potrà servire a curare gli acufeni e anche a prevenirli. Come nel caso di persone, per esempio i militari, che per ragioni professionali sono sottoposte a forti intensità sonore.
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