Non ci sono a oggi prove rigorose e affidabili che vi sia davvero un legame tra uso di talco e aumento del rischio di tumore dell'ovaio. A titolo precauzionale, però, meglio non usare il talco nelle zone intime
Il presunto legame tra uso di talco e il tumore dell’ovaio ha fatto molto scalpore da quando, all’inizio del 2016, un tribunale americano ha condannato una famosa multinazionale produttrice di un prodotto a base di talco al risarcimento record di 72 milioni di dollari alla famiglia di Jackie Fox, una donna di 62 anni morta di tumore dell’ovaio, per non aver riportato sulle confezioni la dicitura «potenzialmente cancerogeno». Da qui, l’associazione tra uso di talco e tumore all’ovaio è venuta spontanea, soprattutto nell’opinione pubblica.
Sempre negli Stati Uniti, si sono succedute sentenze di esito differente in seguito a richieste di risarcimento da parte di donne colpite da tumore dell'ovaio. Una sentenza giuridica non costituisce di per sé una prova di relazione causa-effetto. In gran parte dei casi l'azienda è stata condannata per non aver informato i consumatori di un rischio potenziale insito nel suo prodotto.
In particolare, il talco viene associato alla presenza di asbesto, o amianto, un minerale spesso vicino ai siti di estrazione del talco e noto per essere causa di alcuni tumori, soprattutto del mesotelioma, un grave tumore della pleura. I prodotti in commercio non contengono più asbesto da decenni, sostiene l'azienda. Ripetuti test a campione condotti dalla Food and Drug Administration statinutense non hanno rilevato presenza di asbesto nel talco in questione.
Qual è la posizione della comunità scientifica?
Non ci sono a oggi prove rigorose e affidabili che vi sia davvero un legame tra utilizzo del talco e aumento del rischio di tumore. L'Agenzia per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Iarc) ha incluso il talco contenente asbesto fra le sostanze cancerogene per l'uomo, analizzando diversi studi che lo correlavano a un rischio aumentato di tumori polmonari.
Il talco non contenente asbesto invece è stato etichettato come «non classificabile come cancerogeno per l'uomo».
Lo stesso dicasi per l'inalazione del talco, mentre l'uso perineale del talco «può essere cancerogeno».
Questa è da considerare una posizione precauzionale, poichè l'Iarc spiega che le prove non sono dirimenti e sono «limitate». Gli studi che hanno evidenziato una correlazione erano di tipo caso-controllo, nei quali, cioè, alle donne coinvolte si chiedeva di ricostruire retrospettivamente le abitudini di anni passati. Altri esiti possono, secondo gli esperti, rassicurare chi ha fatto uso di talco, anche per molto tempo: non è stata evidenziata una correlazione fra quantità dell'esposizione (quantità di talco usato e periodo di tempo) e aumento di rischio. Non è stato rilevato un aumento di rischio ad esempio fra le donne che usavano il talco sul diaframma contraccettivo.
A puro titolo precauzionale, dunque, si può consigliare di non usare il talco nelle zone intime (vulva, vagina, zone perianale), mentre il suo utilizzo in altre parti del corpo non è associato al rischio di sviluppare un tumore delle ovaie o di altri distretti dell’organismo.
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