L’idrossitirosolo presente nell’alimento potrebbe proteggere dai processi neuroinfiammatori della malattia: la ricerca di Gabriella Testa
La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più comune nella popolazione al di sopra dei 65 anni. Si sviluppa in seguito a un processo patologico che distrugge progressivamente i neuroni di alcune parti del cervello, provocando il deterioramento delle principali funzioni cognitive, come la capacità di memoria, apprendimento e linguaggio. Le cause della malattia non sono del tutto chiare, ma sembrano legate all’alterazione del metabolismo del peptide beta-amiloide (Aβ), che si accumula sotto forma di aggregati nel cervello dei pazienti. Recentemente è emerso un legame tra l’insorgenza del morbo e disfunzioni nel metabolismo del colesterolo: si ipotizza che gli ossisteroli prodotti dall’ossidazione di questa molecola siano una possibile causa della neuro-infiammazione e della formazione del peptide Aβ. Gabriella Testa è ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università degli Studi di Torino. La sua ricerca si concentra su una gamma di molecole antiossidanti chiamate polifenoli, presenti nelle piante e nei frutti e di cui l’olio extravergine d’oliva è particolarmente ricco. Lo scopo del suo progetto è verificare se l’idrossitirosolo, il principale polifenolo contenuto in questo alimento, sia in grado di contrastare la neuro-infiammazione prodotta dagli ossisteroli. Il suo progetto potrebbe aprire la strada all’impiego dell’idrossitirosolo come nutraceutico e sarà sostenuto per il 2022 da una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi.
Come nasce l'idea del vostro lavoro?
«L’idea nasce dalla necessità di identificare nuove molecole efficaci per prevenire e contrastare la malattia di Alzheimer. Purtroppo, attualmente, non esistono farmaci in grado di rallentare o fermare il danno cerebrale causato da questa patologia».
Perché avete scelto di orientarvi su questa linea di ricerca?
«Studi scientifici confermano che la neuro-infiammazione contribuisce alla patogenesi della malattia di Alzheimer. Al tempo stesso, è ormai accertato che i polifenoli - sostanze naturali presenti in alimenti quali frutta e verdura - esplicano una potente azione antinfiammatoria anche a livello cerebrale. Sulla base di queste evidenze sperimentali abbiamo pensato che l’idrossitirosolo, il principale polifenolo contenuto nell’olio di oliva, si potrebbe configurare come il perfetto candidato alla prevenzione e al trattamento della neuro-infiammazione, evento cruciale che contribuisce all’insorgenza e alla progressione della malattia di Alzheimer».
Quali sono gli aspetti poco noti da approfondire?
«Sempre più evidenze sperimentali dimostrano che la dieta mediterranea riduce il rischio di demenza. L'olio d'oliva, ingrediente principale della dieta mediterranea, contiene numerosi polifenoli considerati potenziali nutraceutici per il trattamento delle malattie neurodegenerative. In particolare, l'idrossitirosolo potrebbe avere effetti benefici nell’Alzheimer: è stato infatti dimostrato che esso è in grado di contrastare la tossicità indotta dalla proteina beta amiloide che si accumula nel cervello durante la malattia. Tuttavia, sebbene l’idrossitirosolo dimostri una documentata azione antinfiammatoria in diverse patologie, quali l'aterosclerosi e il cancro, non sono ancora disponibili dati sul suo effetto antinfiammatorio in modelli Alzheimer. Con il nostro studio ci auguriamo di fornire un valido contributo nel documentare questo aspetto ancora sconosciuto».
Come intendete portare avanti il vostro progetto quest’anno?
«Il progetto di ricerca sarà articolato in due fasi. L’obiettivo iniziale sarà quello di dimostrare, utilizzando cellule di neuroblastoma umano, la capacità dell’idrossitirosolo di prevenire la neuro- infiammazione indotta dagli ossisteroli, una miscela di composti derivati dall’ossidazione del colesterolo. È stata scoperta la presenza di queste molecole nel cervello di persone affette da Alzheimer e si è dimostrato che sono in grado di scatenare una risposta infiammatoria. Successivamente, mediante l’impiego delle più moderne tecniche di biologia molecolare, analizzeremo i meccanismi di trasduzione del segnale (cioè la risposta molecolare delle cellule – N.d.R.) modulati dall’idrossitirosolo».
Quali applicazioni apre, anche a lungo termine, per la salute umana?
«Ci auguriamo che la nostra ricerca permetta di convalidare l’uso dell’idrossitirosolo nella progettazione di formulazioni efficaci sia nella prevenzione, sia nella cura della malattia di Alzheimer. L’arricchimento alimentare con l’idrossitirosolo potrebbe rappresentare una nuova ed efficace strategia preventiva e terapeutica nella pratica clinica».
Ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?
«Definirei la mia passione per la ricerca “innata”: ricordo che già all’età di dieci anni dicevo ai miei genitori che “da grande” avrei voluto indossare un camice bianco e fare esperimenti in un laboratorio».
Gabriella, c’è un momento della tua vita professionale che vorresti incorniciare e uno invece che vorresti dimenticare?
«Vorrei incorniciare il momento in cui ho ricevuto la comunicazione della vittoria della prestigiosa borsa di ricerca finanziata da Fondazione Veronesi. Potrebbe sembrare banale come risposta ma è stato un momento emozionante, davvero un bel traguardo professionale. Da dimenticare, invece, non me ne viene nessuno in mente…lo avrò già dimenticato!».
Come ti vedi fra dieci anni?
«A fare ricerca con un gruppo di validi collaboratori».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«La libertà di pensare e di sperimentare».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«La precarietà, la mancanza di una sicurezza lavorativa nonostante gli anni di esperienza maturati nel campo».
Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?
«Sono un binomio indissolubile: la scienza è ricerca».
Ci sono figure che ti hanno ispirato nella tua vita personale e professionale?
«Due grandi donne, non a caso due Premi Nobel. Nella mia vita personale: Madre Teresa di Calcutta. Nella mia vita professionale: Rita Levi-Montalcini».
Quali sono gli insegnamenti più importante che ti hanno lasciato?
«Madre Teresa di Calcutta la ricordo per il suo prezioso messaggio secondo cui è importante non ciò che facciamo ma l’amore che mettiamo in ciò che facciamo. Rita Levi-Montalcini è stata per me l’esempio di una vita dedicata alla scienza, grazie alla sua smisurata passione per lo studio del cervello umano».
Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a sostegno della ricerca scientifica?
«Grazie per credere in noi ricercatori: è solo grazie alla vostra fiducia e alle vostre donazioni se possiamo portare avanti le nostre ricerche. Ogni contributo, anche il più piccolo, è un aiuto fondamentale per lo sviluppo dei nostri progetti di ricerca. In un Paese come il nostro, che investe ancora troppo poco nella ricerca scientifica, questo sostegno è di importanza vitale».
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