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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 24-03-2014

Il colpo alla testa è grave? Lo dice un esame del sangue



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Spesso, dopo un incidente stradale, il medico è in dubbio: stordimento o vero trauma? Ora un esame del sangue alla ricerca di una particolare proteina è in grado di dare una veloce risposta

Il colpo alla testa è grave? Lo dice un esame del sangue

Un esame del sangue per capire subito se una concussione cerebrale, ovvero una notevole botta in testa, avrà o no conseguenze gravi a parte lo stordimento iniziale.

«Sarebbe davvero tanto utile. Specie nello sport, specie negli incidenti stradali: quanti, dopo lo scontro, vengono mandati a casa perché sembrano solo un po’ scombussolati, poi nella notte muoiono? Perché con “concussione cerebrale” si indica un’alterazione della funzionalità del cervello senza una lesione documentata. Ma le lesioni possono comparire nei giorni successivi: ematoma o emorragia. Ambedue gravi».

 

A CASA O IN OSPEDALE?

Il professor Eugenio Parati è direttore del Dipartimento Neuroscienze cliniche dell’Istituto neurologico Besta di Milano e sta commentando la notizia di una ricerca svedese che avrebbe individuato la presenza di una proteina, tau, nel sangue capace di predire, già un’ora dopo la “botta”, se ci saranno o no complicazioni. E anche in quanti giorni i sintomi della concussione spariranno e la persona – un calciatore, un pugile, per esempio – può tornare alla sua vita consueta.

«Questo test è già trasferibile, vale a dire che lo possiamo già fare anche noi. In Svezia l’hanno provato sugli uomini, infatti», aggiunge il professor Parati. «Soltanto, occorre che venga replicato su un numero ben più grande di persone. Ma sa quante volte, dinanzi a un pugile finito ko o qualunque persona che ha ricevuto un forte colpo alla testa, il medico si trova di fronte a questo dilemma: lo ricovero o lo mando a casa? Misurando i livelli di proteina tau, sarebbe subito fuori dai dubbi, senza sottoporre il paziente a esami su esami nei giorni successivi per essere sicuro».

 

ATLETI ALLA PROVA

Per fare questa indagine i ricercatori dell’Università Sahlgrenska di Molndal hanno preso in esame 288 giocatori professionisti di hockey su ghiaccio e li hanno seguiti nel campionato dal settembre 2012 a fine gennaio 2013. In questo periodo, 35 giocatori hanno subito una concussione cerebrale e 28 sono stati presi sotto esame. Troppo pochi perché i risultati siano probanti, tuttavia anche  il professor Joshua Gatson dell’Università del Texas osserva: «E’ un importante contributo. Perché introduce una tecnologia innovativa che potrebbe avere un’ampia area di applicazioni».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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