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Ginecologia
Francesca Morelli
pubblicato il 09-01-2015

Un trattamento orale ritarda l'intervento per i fibromi dell'utero



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Approvato in Europa nel 2012 è arrivato anche in Italia un trattamento pre-chirurgico. Consente di ridurre sintomi e dimensioni del fibroma

Un trattamento orale ritarda l'intervento per i fibromi dell'utero

Una ‘rivoluzione conservativa’ si profila nell’approccio terapeutico ai fibromi dell’utero: un trattamento pre-chirurgico per via orale sarebbe in grado di ridurre sensibilmente la pesante sintomatologia, ridimensionare il volume della malattia permettendo di posticipare, o talvolta di evitare, l’intervento e di progettare anche una maternità. Approvato in Europa nel 2012 e già largamente utilizzato in diversi paesi dell’unione, è ora disponibile anche in Italia.

 

I FIBROMI UTERINI

Sono fra i più diffusi tumori benigni dell’apparato riproduttivo femminile, colpiscono in età fertile per lo più fra i 30 e i 45 anni, con un sensibile impatto sulla qualità della vita e sulla femminilità. Interessano solo in Italia 3 milioni di donne, 24 milioni in Europa ma, nonostante l’incidenza, di questo tumore si sa ancora poco. Flussi molto abbondanti e perdite tra un ciclo e l’altro, anemia, dolore pelvico e cronico, senso di compressione, rapporti sessuali dolorosi, aumentata frequenza delle minzioni e incontinenza urinaria. «Questi sintomi – spiega Nicoletta Biglia, professore Associato di ginecologia e ostetricia all’Università di Torino – variano in base al numero, alla localizzazione e alla dimensione dei fibromi che, in media, restano sotto i 5 centimetri ma che possono superare anche i 15-20, dando la sensazione di un addome gonfio e mettendo a rischio anche la fertilità».

Sintomatologia che porta con sé la compromissione della vita di coppia e lavorativa, una riduzione delle relazioni interpersonali e un ridimensionamento della qualità della vita con rinunce a sport, tempo libero e piccoli piaceri femminili. Un quadro già delicato nel quale si inseriscono ansia e il timore di una mancata maternità per l’eventuale asportazione dell’utero. Perché la cura dei fibromi uterini è principalmente chirurgica, dovuta anche all’assenza di una terapia medica soddisfacente e efficace.

FOCUS: Vanno sempre operati i fibromi uterini? Leggi qui

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LA TERAPIA PRE-CHIRURGICA

Un approccio suscettibile tuttavia di un cambiamento. Grazie ad una terapia pre-chirurgica orale con Uliprisal acetato, un principio attivo modulatore del recettore del progesterone già noto ed usato nella contraccezione di emergenza (la pillola dei ‘5 giorni dopo’) perché in grado di ritardare o evitare l’ovulazione. Bloccando l’azione del progesterone, che in alcune donne può stimolare la crescita della muscosa uterina, questo principio attivo si è dimostrato indicato anche nel trattamento dei fibromi dell’utero appunto, con sintomatologia da moderata a grave. Sembrerebbe infatti in grado di arrestare fin da subito, ovvero ad una settimana dall’inizio dell’assunzione, il sanguinamento mestruale e favorire la riduzione del volume del fibroma mantenendolo costante nel tempo anche fino a 6 mesi dopo l’interruzione della terapia.

Con ulteriori vantaggi anche sulla sintomatologia: «Rispetto ad altri trattamenti, come ad esempio gli antagonisti del GnRH – aggiunge Antonio Maiorana, dirigente medico dell’Ospedale Civico di Palermo – che rappresentano la terapia standard per i fibromi dell’utero, l’Uliprisal acetato non induce uno stato pseudo-menopausale e quindi scongiura la comparsa dei classici disturbi quali vampate, secchezza vaginale, perdita della libido, osteoporosi precoce, ovvero un insieme di sintomatologie particolarmente fastidiose in considerazione della giovane età della donna».

 

LA CHIRURGIA

Seppure siano molteplici i benefici del pre-trattamento, esso non esclude comunque la chirurgia, fatta eccezione per rari casi. «Va detto però – precisa Maiorana – che questa terapia può essere ripetuta nel tempo, consentendo di allungare il periodo libero da sintomi e di tenere sotto controllo le dimensioni del fibroma». Che significa maggiori possibilità di soluzioni più conservative o la programmazione dell’intervento nel tempo dopo una eventuale gravidanza. «Terapie con questi vantaggi – conclude Rossella Nappi, Professore associato di  Clinica Ostetrica e Ginecologica del Policlinico San Matteo, Università degli Studi di Pavia – aiutano a migliorare la salute della donna e a preservarne integra la femminilità».

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