La denuncia del presidente della Camera, intervenuta a Science for Peace. «Le false notizie creano caos e odio»
«La post-verità mette sullo stesso piano gli amici del bar e gli scienziati», ha dichiarato Laura Boldrini, aprendo la nona edizione di Science for Peace, la conferenza mondiale sulla pace organizzata dalla Fondazione Umberto Veronesi all'Università Bocconi di Milano. Tema di quest'anno: «Post-verità: scienza, democrazia, informazione nella società digitale». Un intervento appassionato, il suo, in cui ha rivendicato che finalmente è chiaro che «le fake news non sono un gioco di giovani burloni, ma sono una cosa molto seria che avvelena la democrazia». Per niente innocue, le notizie false «puntano a creare caos e odio, tanto».
Una bufala tira l'altra e non sempre serve smascherarla
TRIBU’ E TORRE DI BABELE
Il presidente della Camera richiamato il sospetto dell’azione programmata di fake news nelle elezioni americane, nella votazione finita con la Brexit e, più in generale, nel loro condizionamento accertato sulle elezioni in 18 Paesi. «La minaccia è seria - ha ribadito Boldrini - anche perché si lega alla rabbia sociale diffusa a causa delle disuguaglianze contro le quali non si è agito». Sul questione della crisi delle democrazie è intervenuto pure Walter Quattrociocchi, che coordina il Laboratorio di data science and complexity all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove sta creando un osservatorio permanente per monitorare l’opinione pubblica online. «Oggi, con i media, le opinioni sono molto polarizzate, non si trovano posizioni mediane, ma solo tribù: da un lato e dall’altro. Ma, come si vede dalla diatriba sui vaccini, gli anti-vax costituiscono una tribù molto unita, il che li rinforza. Mentre quelli che stanno con la scienza e la verità hanno idee più variegate». E poiché ognuno sta con la sua base di riferimento, accade che si forma una nuova Torre di Babele dell’incomunicabilità.
EMMA BONINO A SCIENCE FOR PEACE 2017: FAKE NEWS E POST-VERITA'
PRIMA LA STAMPA MEDIAVA
«La democrazia è anche frutto di bricolage», ha sorpreso Yves Mény, professore di scienze politiche e presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. «Nel senso che è l’ideale delle istituzioni, ma un ideale mai realizzato pienamente. Bricolage perché ogni tanto un pezzo oppure un altro ha bisogno di essere risistemato. Adesso bisogna riaggiustare qualcosa contro la post-verità. Che, poi, le prime fake news datano poco dopo Cristo, con la diffusione di vangeli apocrifi, che successivamente la Chiesa ha distinto e proibito». Un altro tema di Mény è riferito alla stampa che faceva da mediazione tra le notizie, setacciando quelle vere e quelle fasulle, e il pubblico. Ora quel ruolo è saltato e ognuno è solo e giudice dinanzi al suo social. Senza cercare verifiche.
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POVERI NOI, UTILI IDIOTI
Marta Dassù, direttore degli affari europei dell'Aspen Institute, è andata dritta al cuore del problema. «Del valore economico che le fake news procurano ai padroni dei vari Google, Facebook, Youtube, Twitter sappiamo tutto, ma ne parliamo ancora troppo poco. Sarebbe auspicabile invece che noi pagassimo qualcosa per usare questi servizi e, all’altro capo, i padroni si prendessero la responsabilità dei contenuti che pubblicano, invece di dichiararsi innocentemente estranei. Al momento noi li usiamo gratis e loro ci guadagniano. Ma in realtà così siamo soltanto degli utili idioti».
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POPULISMI E COMPLOTTI
«Oggi ci troviamo in una crisi nella democrazia, non della democrazia», ha distinto Alberto Martinelli, professore emerito dell’Università di Milano e presidente dell’International Social Science Council. «Dominano i populismi che sono una contrapposizione tra il popolo e le élite. Va però osservato che i populisti non sono di per sé antidemocratici, ma antiliberali: nel senso che non attribuiscono il giusto peso alle garanzie costituzionali». In questi gruppi, ha sottolineato Martinelli, c’ è sempre l’idea del complotto, che i guai siano colpa di entità che tramano in stanze oscure, e una volta individuato il “colpevole” si rivolgono lì l’opposizione e il ludibrio. «E come si riconoscono le fake news?», gli ha chiesto uno studente. «Considera che le fake news sono o tutte false o, più spesso, mischiate con parti che sono vere - ha chiosato il docente -. Per uscirne, bisogna cercare altre fonti su quell’argomento, è necessaria un’opera di verifica».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.