Il ricordo degli ex colleghi nell'ospedale da cui partì la rivoluzione nella lotta al cancro. Intitolata al Professore la biblioteca della direzione scientifica
La biblioteca scientifica dell'Istituto Nazionale dei Tumori da ieri porta il nome di Umberto Veronesi, che all'Istituto di Via Venezian iniziò la sua carriera negli anni '50 da medico volontario, per poi divenirne direttore generale. Durante la cerimonia di commemorazione del Professore, scomparso l'8 novembre scorso, la moglie Susy ha scoperto la targa in sua memoria, insieme all'assessore Regionale al Welfare Giulio Gallera, alla presenza dei vertici e dei dipendenti dell’Istituto e di una folta rappresentanza di autorità cittadine e regionali.
I RICERCATORI AVANTI NEL NOME DI UMBERTO VERONESI
UN RITORNO ALLE ORIGINI
«Umberto Veronesi è stato figlio di questo istituto per diventarne padre, sapendo come associare la ricerca e la clinica a garanzia della migliore terapia e, peraltro, decretandola tale solo quando capace di soddisfare i bisogni a tutto tondo della persona malata - ha affermato Enzo Lucchini, presidente dell'Istituto -. In questa culla di giganti, quale era e continua ad essere l’Istituto Nazionale dei Tumori, ha predetto ciò che oggi è in atto nel Sistema Sanitario Lombardo: il passaggio epocale dal curare al prendersi cura del paziente». Per Veronesi «è giunto il momento di tornare a casa», ha aggiunto Giovanni Apolone, direttore scientifico dell'Istituto. «Lui ha dato tanto a noi, ma anche questo istituto ha dato tanto a lui». Alla cerimonia era presente anche Paolo Veronesi, presidente della Fondazione e direttore dell'unità di senologia chirurgica dell'Istituto Europeo di Oncologia. «Ricordare papà non è mai semplice, ma mi fa piacere farlo in questa sede, dove quarant'anni fa cambiò per sempre il corso della lotta al tumore al seno».
COME NASCE LA FONDAZIONE UMBERTO VERONESI?
LE TESTIMONIANZE DEGLI EX COLLEGHI
Tra i vecchi colleghi, è toccato ad Alessandro Massimo Gianni, ex primario dell’oncologia medica, rompere il ghiaccio. «Di Veronesi ho apprezzato tre aspetti: la capacità di scegliere i collaboratori, il ruolo centrale riconosciuto alla ricerca e la dimostrazione che l’età non impedisce di realizzare progetti di rilievo». Breve ma significativo il pensiero espresso da Leandro Gennari, l’ex «bisturi d’oro» della chirurgia oncologica. La sua carriera è finita all’Humanitas, ma è all’Istituto dei Tumori che fu riscritta la storia del tumore al fegato, col ricorso al trapianto. «Veronesi ci ha insegnato a curare il dolore con amore». Franca Fossati Bellani, pioniera dell'oncologia pediatrica in Italia: «Da Umberto ho imparato ad avere sempre come riferimento le migliori strutture ospedaliere mondiali. Mi consigliava sempre di guardare a ciò che si faceva all'estero, non in Italia. L'oncologia pediatrica italiana, oltre a registrare progressi unici nel campo della lotta ai tumori negli ultimi trent'anni, ha fornito anche conoscenze utili a studiare le malattie che colpiscono gli adulti». La chiosa è stata affidata a Maria Grazia Daidone, direttore del dipartimento di oncologia sperimentale e medicina molecolare: «L’ho sempre visto come un maestro esigente, ma sempre pronto a costruire qualcosa di nuovo: gli studi attuali partono da quelle che sono state le sue scoperte».