NOTE BIOGRAFICHE
• Nata a Voghera (PV) nel 1983
• Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Pavia
• Specializzazione in Chirurgia Generale all’Università degli Studi di Pavia
• Nata a Voghera (PV) nel 1983
• Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Pavia
• Specializzazione in Chirurgia Generale all’Università degli Studi di Pavia
Il distaccamento di cellule tumorali da un carcinoma mammario e la loro migrazione attraverso le vie linfatiche fino al cavo ascellare può provocare l’insorgenza di una metastasi al linfonodo sentinella. Fino a poco tempo fa, se venivano rilevate queste metastasi si procedeva all’asportazione di tutti gli altri linfonodi del cavo ascellare: una procedura chirurgica detta “dissezione ascellare”, che aumenta l’incidenza di complicanze e che può causare un linfedema (un gonfiore dovuto a ristagno di liquido linfatico) dell’arto superiore. Analizzando dati retrospettivi è emerso che nei casi in cui le metastasi al linfonodo sentinella risultavano inferiori ai 2 mm, gli altri linfonodi asportati risultavano nella maggioranza dei casi istologicamente sani. Questa osservazione ha lasciato ipotizzare che per i linfonodi sentinella “micrometastatici” la dissezione ascellare non fosse necessaria.
Dal 2001 al 2010, lo studio IBCSG 23-01 ha arruolato più di 900 patienti con micrometastasi al linfonodo sentinella, e le ha assegnate ad una dissezione ascellare o a nessun altro trattamento chirurgico dell’ascella. Dopo un follow-up medio di 5 anni non sono state riscontrate differenze nella sopravvivenza tra i 2 gruppi. Questo studio ha cambiato la pratica clinica: oggi la dissezione ascellare non viene più eseguita nei casi micrometastatici.
Allo stato attuale il progetto si pone l’obiettivo di rivalutare i dati riguardanti la sopravvivenza e le recidive locali a lungo termine. È infatti cruciale poter arrivare a un’evidenza statistica significativa e definitiva nel tempo, ancor più adesso che la dissezione ascellare sta cessando di essere il trattamento di scelta anche per le pazienti con macrometastasi.
Istituto Europeo di Oncologia, Milano
Oggigiorno la diagnosi precoce di tumore al seno rende possibile l’esecuzione di interventi chirurgici conservativi, nei quali viene asportata solo una piccola porzione della ghiandola mammaria; tuttavia, per i tumori di dimensioni maggiori o per le sindromi genetiche, la mastectomia rimane il trattamento di scelta. Un tempo l’intervento chirurgico di mastectomia sovvertiva completamente l’immagine corporea femminile, lasciando spazio ad un senso di “mutilazione”. Nel corso degli anni sono state messe a punto nuove tecniche chirurgiche per le mastectomie: la cute e, grazie a scoperte più recenti, anche il capezzolo, possono essere risparmiati, permettendo una ricostruzione immediata con il posizionamento di una protesi. Il progetto di ricerca si focalizzerà sulle mastectomie con conservazione del capezzolo, con la messa a punto di approcci mininvasivi, beneficiando dell’aiuto offerto da tecnologie d’avanguardia, e con l’utilizzo di nuove incisioni cutanee mutuate dalla chirurgia estetica, perseguendo lo scopo di rendere sempre meno visibili le cicatrici chirurgiche e di abbattere il rischio di complicanze che possono occorrere soprattutto nelle pazienti con mammelle di dimensioni medio- grandi. Il progetto verrà sviluppato in stretta collaborazione da ina équipe di chirurghi senologi e una di chirurghi plastici. Di queste nuove tecniche potranno beneficiare in particolare le pazienti giovani e quelle affette da sindromi genetiche, per le quali è fondamentale minimizzare l’impatto del trattamento chirurgico sulla vita affettiva, sessuale e lavorativa.
Istituto Europeo di Oncologia di Milano