NOTE BIOGRAFICHE
- Nata a Foligno (PG) nel 1983
- Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche presso l’Università degli Studi di Perugia
- PhD in Biotecnologie nel trapianto di midollo osseo umano presso l’Università degli Studi di Perugia
La leucemia a cellule capellute (HCL), un tumore cronico dei linfociti B maturi, è inizialmente sensibile alla chemioterapia, ma circa il 50% dei pazienti ha ricadute. Dopo aver scoperto che fra le cause di questa malattia c’è la mutazione “V600E” del gene BRAF, è stato eseguito il primo studio clinico con un farmaco inibitore di BRAF, il Vemurafenib, in pazienti refrattari alla terapia standard o con recidive, con risultati sorprendenti (96% di risposte al farmaco, di cui il 35% complete).
Tuttavia un residuo di cellule leucemiche persiste nel midollo, portando alla ricaduta clinica. Per migliorare questi risultati verranno testati, su campioni di cellule leucemiche prelevate da pazienti, differenti farmaci con il fine ultimo di utilizzarli in clinica su pazienti HCL in associazione con il Vemurafenib: inibitori della proteina MEK; il Venetoclax, inibitore della proteina BCL2; il Rituximab, un anticorpo monoclonale che riconosce i linfociti B; Ibrutinib e Idelalisib, inibitori della via di segnale del recettore dei linfociti B; e l'interferone alfa. Gli incoraggianti dati preliminari, disponibili per la maggior parte di questi farmaci, suggeriscono la possibilità di sviluppare combinazioni di tali farmaci con il Vemurafenib per ottenere remissioni più profonde e più lunghe nei pazienti HCL.
La ricerca testerà diverse combinazioni di farmaci mirati non chemioterapici per ottenere remissioni più durature nella leucemia a cellule capellute.
Università degli Studi di Perugia
Studio della resistenza agli inibitori di BRAF nella leucemia a cellule capellute
La Leucemia a Cellule Capellute (HCL) è un tumore cronico che origina dai linfociti B maturi (cellule del sistema immunitario deputate alla produzione di anticorpi): è altamente sensibile alla chemioterapia tradizionale, ma tende a provocare una recidiva nel 40% dei pazienti. La mutazione V600E nel gene BRAF è stata identificata come la causa di questa neoplasia: per questa alterazione sono già disponibili farmaci selettivi come il Vemurafenib, efficace anche in pazienti con melanoma metastatico che presenti lo stesso tipo di mutazione.
La prima sperimentazione clinica con Vemurafenib su pazienti HCL che a seguito di una terapia standard abbiano sviluppato pluri-recidive ha dato risultati sorprendenti: il 96% dei pazienti ha risposto al farmaco, e il 35% ha beneficiato di una remissione completa. Purtroppo però un residuo di cellule leucemiche persiste nel midollo osseo in tutti i pazienti, portando infine alla ricaduta clinica.
Per identificare i meccanismi di resistenza al farmaco e per sviluppare approcci terapeutici in grado di contrastarla, campioni di cellule leucemiche prelevate da pazienti sia prima dell’inizio del trattamento con Vemurafenib che alla recidiva verranno sottoposti ad analisi sperimentali, al fine di individuare geni o proteine mutate responsabili di tale fenomeno. Inoltre, poichè è stato precedentemente dimostrato il coinvolgimento delle cellule stromali del midollo osseo nella resistenza ai farmaci, le cellule HCL prelevate da pazienti verranno coltivate in presenza o in assenza di cellule stromali e trattate con Vemurafenib in combinazione con altri farmaci che siano in grado di superare tale resistenza.
Università degli Studi di Perugia