Mandela, l’uomo che ha spezzato le catene
Tutto il mondo piange l’uomo che con 27 anni di prigione dura è risultato il vincitore morale della lunghissima battaglia contro l’apartheid
Umberto Veronesi (1925-2016), medico e ricercatore, ha dedicato la vita allo studio e alla cura dei tumori, in particolare alle terapie conservative per i tumori del seno. E' stato Ministro della Sanità e Senatore del Parlamento Italiano. Ha dato vita alla Fondazione che porta il suo nome. Profondamente persuaso che la scienza possa migliorare il mondo in cui viviamo, questo blog, che ha aggiornato per cinque anni con 200 post, ha ospitato il suo pensiero sulla società, la scienza e il nostro futuro.
Tutto il mondo piange l’uomo che con 27 anni di prigione dura è risultato il vincitore morale della lunghissima battaglia contro l’apartheid
Una clinica alla periferia di Washington ha avuto una trovata pubblicitaria: ogni mese apre una riffa, tirando a sorte 20 nominativi - di Umberto Veronesi
Papa Francesco è andato a trovare Giorgio Napolitano, il nostro presidente della Repubblica. E’ stata una visita ufficiale, come si dice, ma il papa al Quirinale ci è arrivato con una modesta auto di serie e senza scorta.
Chi ama la boxe è impermeabile alle proteste, e chi non l’ama guarda al pugilato da distanze interstellari. Difficile attirare attenzione e sensibilità su questo argomento, ma io ci provo:
«Professore, perché la gente non canta più?» Qualche giorno fa è venuto a trovarmi un infermiere in pensione, con cui ho lavorato insieme tanti anni all’Istituto dei Tumori di Milano. E mi ha rivolto questa domanda, che improvvisamente mi ha reso consapevole di un cambiamento che non avevo notato. Sì, è vero. Prima la gente cantava. Cantavano le donne mentre facevano i mestieri di casa, cantavano i muratori sulle impalcature, cantavano i garzoni che portavano il pane, e mi ricordo anche un’infermiera che cantava a voce spiegata riordinando la sala operatoria dopo gli interventi di fine giornata.
Molte donne in questi giorni ricevono, attraverso i social network, un messaggio contro la mammografia, con tanto di invito alla diffusione, come nelle vecchie catene di Sant’Antonio. Si tratta di un’accusa alla mammografia di aumentare il rischio di tumore alla tiroide e un invito a chi vi si sottopone a chiedere al radiologo di indossare un apposito collare di piombo, per proteggere la ghiandola tiroidea dalle radiazioni ionizzanti.
Ho sognato che i Parlamenti di tutti i Paesi occidentali interrompano i lavori e dicano: “Andiamo!”. Così, ecco belle navi forti e pulite che partono per i Paesi della paura e della miseria. A bordo ci sono pediatri, ci sono medici, ci sono infermieri e anche nonne per fare carezze e raccontare favole. Com’è bello veder sventolare sullo sfondo dei mari i tricolori italiani e francesi, l’Union Jack dell’Inghilterra, la bandiera a stelle e a strisce di quel sogno umano che fu l’America, e poi di Svezia, Germania, Austria, Spagna, Portogallo, Norvegia, Olanda, Belgio. Tutto il mondo: che ha ritrovato il cuore e si affretta. Il mare, a perdita d’occhio, è pieno di navi e di barche che vanno verso gli sventurati. Li conforteremo e li accoglieremo tutti, e allora forse in quelle terre dilaniate calerà il rasserenante silenzio della pace.
«Andiamo a prenderli noi! ». Mi associo con forza a questa richiesta degli abitanti di Lampedusa, che stanno invocando un «corridoio umanitario» per chi fugge dalla fame, dalla guerra, dagli stupri, dalle torture. Basta con i barconi fradici e con i gommoni strapieni, basta con i Caronti che portano il loro carico umano alla morte. Forse c’è di mezzo anche la mafia, che conclude patti scellerati con i «passatori» africani.
La notizia che Nelson Mandela ha vinto ancora una battaglia, questa volta contro la malattia che lo ha portato alle soglie del non ritorno, mi ha riempito di una gioia immensa. E mi rammarica soltanto che non possa intervenire al prossimo appuntamento di Science for Peace, il congresso mondiale che ho voluto lanciare insieme a tanti scienziati per il movimento della pace e al quale l’avevo invitato il 15 novembre prossimo. Mi disse che solo il riacutizzarsi di un malanno polmonare (un doloroso ricordo degli anni trascorsi in galera, lo stesso che lo ha colpito poco tempo fa) gli impediva di “correre là dove si combatte per la pace”. Mi ricordo che ha detto proprio “correre”.
“Cento di questi giorni!” E’ l’augurio che siamo abituati a sentirci rivolgere nel giorno del compleanno, mentre si alzano i bicchieri per il brindisi. Vivere a lungo è considerata una fortuna, e si può dire che sia un desiderio di tutti. Però, se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo anche ammettere che si tratta di un desiderio che si accompagna a un’incertezza: come si fa ad invecchiare bene, mantenendo la lucidità e conservando un organismo mediamente efficiente? Sono domande ovvie, quasi banali, ma di grandissima attualità in un mondo in cui l’aspettativa di vita continua ad innalzarsi. E nelle tre intense giornate della Conferenza internazionale “The Future of Science”, che la Fondazione Veronesi ha organizzato a Venezia, scienziati di tutto il mondo hanno discusso e confrontato le varie ipotesi sulla longevità e sul rovescio della medaglia, l’invecchiamento.