Vogliamo raccontarvi una storia d'amore e di speranza. Dopo la scomparsa di Pietro, morto a 23 anni per un cancro, la famiglia e gli amici si stringono nel suo ricordo e lavorano per sostenere la ricerca sui tumori pediatrici
«Ma no, io non sono un donatore. Sono un coordinatore di donazioni semmai, quelle raccolte con varie attività dagli amici di mio figlio». Franco Martini (nella foto, insieme alla moglie Mariella) parlando da Grosseto, col sorriso nella voce gentile, si schermisce.
Suo figlio Pietro non c’è più dal 2012, ma deve essere stato un ragazzo davvero speciale, non solo per i suoi genitori, se sette anni dopo un gruppo di suoi amici ancora organizza eventi nel suo nome. Non è comune. «Sì, è vero – conviene Martini – alla morte di nostro figlio io e mia moglie siamo stati accolti dentro un grande abbraccio dai suoi amici che dura tuttora. Ne fanno parte anche i figli dei nostri amici, miei e di Mariella. Un grande calore».
A inventarsi manifestazioni per raccogliere fondi, spiega, sono soprattutto alcuni giovani tra cui svettano Andrea e Simone. «I ragazzi sono partiti da quello che piaceva a Pietro, la pallavolo e la fotografia – racconta Franco – così ecco inventato subito a Grosseto un torneo di pallavolo, che si è trasformato nel più moderno beach volley. Si tiene ogni anno il sabato di Pasqua. E Andrea, l’animatore dell’iniziativa, trova sempre modo di mettere un riferimento a Pietro nei pantaloncini o nella maglietta della gara. Sa, era il compagno di stanza di Pietro all’università…».
Pietro aveva 23 anni quando se n’è andato, sconfitto da un neuroblastoma, un tumore pediatrico scoperto quando aveva appena 14 anni. Il suo amico Simone dà voce alla sua altra passione: con una mostra fotografica inserita nella festa del paese di S. Angelo in Colle, vicino Montalcino, ogni prima domenica di giugno. «E riscuote un bel successo – commenta Franco Martini - tanto più che vi ha aggiunto un trekking tra le vigne del Brunello che finisce con un gran pranzo alla cucina del Circolo ricreativo». A sentirlo raccontare ci si vede dispiegare intorno un pezzo di Toscana dai nomi magici, sinonimi di bellezza e cultura, più - molte volte – di buon vino. E le cantine compaiono spesso negli eventi benefici organizzati dagli amici di Pietro. «Tutte contribuiscono gratuitamente e questa è una buona occasione per ringraziarle» continua il nostro donatore-non donatore. Agli eventi fin qui narrati si è aggiunto lo scorso ottobre, “Pedalando per la vita”, una passeggiata in bicicletta a Castelnuovo dell’Abate, «un posto bellissimo per cui, ancora di più, mi sento di ringraziare i ragazzi organizzatori. A programmare, qui, sono stati Mauro e il gruppo delle “Lady Bike”. E anche stavolta si finisce con una visita a una cantina».
A tutte queste manifestazioni motivate dall’amore e dal rimpianto di Pietro, e dall’intenzione di sostenere la ricerca perché arrivi a sconfiggere il neuroblastoma e altri tumori, Franco e Mariella partecipano sempre. «Però cerchiamo di apparire in second’ordine, vogliamo che in primo piano risaltino gli amici di nostro figlio, perché il merito di quanto si fa e si raccoglie è loro. Sono uomini ormai perché hanno 30-31 anni. Simone ha anche due bambini e il maschio lo ha voluto chiamare Pietro. Lui e nostro figlio erano amici d’infanzia, inseparabili. Quanto calore ci danno tutte queste persone strette intorno a noi. Ci frequentiamo anche fuori dagli eventi, vengono a cena da noi, mia moglie poi li segue molto, in tutte le vicende familiari. Diciamo che lei è un po’ la pierre del gruppo…», ride Franco.
Specifica che i bollettini postali per le donazioni alla ricerca attraverso la nostra Fondazione vengono compilati e spediti dagli organizzatori stessi, a loro nome, «in modo che abbiano il giusto merito per il loro impegno…». Queste donazioni, unite a contributi raccolti tra gli amici personali che, nella sua modestia, il papà di Pietro tenta di nascondere, hanno una indicazione precisa: oncologia pediatrica. Perchè la ricerca è la speranza di migliaia di bambini e di ragazzi che sognano di diventare grandi. A Franco e Mariella un sentito grazie per avere condiviso la loro storia.
(testo di Serena Zoli)