La scomparsa dell'Avvocato Maurizio De Tilla. Il ricordo di Monica Ramaioli, direttore della Fondazione Veronesi. L'impegno sul testamento biologico e l'inquinamento
Ho conosciuto Maurizio De Tilla alla fine del 2004. Faceva parte del Comitato di sostegno della Fondazione. Insieme ad altri giuristi, che lui stesso aveva coinvolto, avevamo steso il primo volume sul testamento biologico, che era stato veicolato da Il Sole 24 Ore e si stava accingendo alla stesura del secondo volume sempre sullo stesso tema.
L’argomento del fine vita era uno dei temi che Umberto Veronesi aveva più a cuore in quel momento perché, da grande laico, promuoveva e sosteneva la possibilità di scegliere sulla propria vita e sulla sua fine con una dichiarazione anticipata, il testamento biologico appunto. Con il secondo volume, sia Maurizio che il Professore, decisero che era venuto il momento di presentare il volume alla società civile e quindi di accendere il dibattito affinché anche le istituzioni iniziassero a considerare il tema e a metterlo nelle agende politiche. La presentazione del volume venne organizzata in un Hotel di Milano e la partecipazione fu veramente sorprendente. Più di 400 persone che attraverso un grande passa parola e qualche invito arrivarono alla presentazione. C’erano anche Peppino Englaro e la moglie, che di quella battaglia fecero la ragione della loro vita.
Chiaramente Maurizio De Tilla in quel periodo diventò una delle persone con cui mi interfacciavo più spesso per questioni organizzative, ma anche per tutta la parte dei contenuti del libro. Ero fermamente convinta che anche lui avesse totalmente sposato la posizione di autodeterminazione espressa dal Professore che, come Maurizio, voleva una legge che consentisse a chi non era più in grado di scegliere - ma lo aveva fatto in precedenza - di chiedere di non ricevere nessun altra cura e di terminare la propria vita. Con grande rispetto per quello che una persona era stata. Invece mi spiazzò quando alla fine della sua presentazione disse: «Io voglio una legge che mi dia tutta la responsabilità della mia scelta, non voglio che nessuno possa decidere per me, perché io chiederò di tenermi in vita con tutti i mezzi disponibili perché io sono un credente e riconoscente della scienza e dei suoi progressi e sono convinto che grazie alla ricerca sarà possibile trovare nuove soluzioni e farmi vivere il più a lungo possibile! La ricerca in questi anni ha reso possibile cose inimmaginabili, cose che fino a qualche decennio fa erano impensabili e io credo nella scienza e nella ricerca». Partendo quindi da posizioni diverse, Maurizio De Tilla e Umberto Veronesi lavoravano insieme per difendere il diritto all'autodeterminazione.
In tutti questi anni abbiamo sempre lavorato insieme per discutere da un punto di vista giuristico di temi etici (con la pubblicazione di cinque volumi: : Il Testamento biologico e La parola al paziente, Sperling&Kupfer Editori, poi Cellule Staminali, Fecondazione Eterologa, Inquinamento Ambientale, editi da Utet Giuridica). L’ultimo libro l’ha preparato, ci ha comunicato ad ottobre che era quasi finito, invitandoci a tenerci pronti alla presentazione: l’inquinamento indoor. Ancora una volta un tema importante e di grande attualità. Nel 2018 lo presenteremo e lo dedicheremo a lui e alla sua grande fiducia nella scienza e nella ricerca.
E, come lo scorso anno abbiamo detto al Prof, quest’anno a lui diciamo, Grazie Maurizio. La Fondazione continuerà nella sua missione, sia a sostegno della ricerca scientifica, perché magari chissà, potremmo veramente contribuire a ridurre le malattie, soprattutto quelle che ancora oggi fatichiamo a pronunciare, ma continueremo anche nella nostra missione a difesa dei diritti e della dignità. «Perché il mondo ha bisogno di scienza e ragione».
Monica Ramaioli