Nel 2021 Fleet Support finanzia il lavoro di Costanza Montagna, che studia i tumori infantili e ha vinto una borsa di ricerca Fondazione Umberto Veronesi
Restituire alla collettività ciò che si riesce a produrre attraverso la propria attività. Questo è il principio che ha mosso Fleet Support, solution provider nel settore automotive, verso il sostegno alla ricerca scientifica e verso Fondazione Umberto Veronesi. Nel 2021 l’azienda finanzia il lavoro di Costanza Montagna, ricercatrice post-doc presso l’Università di Tor Vergata di Roma che studia il rabdomiosarcoma, il più diffuso tumore dei tessuti molli che colpisce i bambini e i ragazzi.
Abbiamo chiesto di raccontare le ragioni di questo impegno a Gioacchino Costantini, Presidente e leader storico di Fleet Support.
Cosa vi ha spinto a investire sulla ricerca scientifica?
Lavoriamo con grandi gruppi, nazionali e multinazionali, aiutandoli nella gestione della mobilità aziendale con parchi auto destinati ai loro dipendenti. Si tratta di società importanti, che svolgono attività di corporate social responsibility rivolte ai loro dipendenti e al mondo esterno. Abbiamo mutuato questo principio, consapevoli di quando sia importante oggi per un’azienda non restare chiusa nei propri confini ma rivolgere attenzione ed energie al sociale. Così abbiamo avviato vari progetti ad esempio per avvicinare i ragazzi allo sport o per le persone con disabilità. Un giorno, grazie ad un cliente, abbiamo conosciuto Fondazione Umberto Veronesi; ho avuto modo di osservare la professionalità messa in campo in occasione di un’iniziativa di formazione per i dipendenti. Due ore intense e utilissime, contenuti dedicati alla salute, molto apprezzati dai lavoratori. E ci siamo chiesti in che modo potevamo fare di più. Così abbiamo deciso di sostenere il lavoro di una ricercatrice impegnata nella lotta ai tumori. Quando poi ho saputo che la ricercatrice sostenuta da Fleet Support, la dottoressa Costanza Montagna, si occupa di ricerca sui tumori che colpiscono i bambini, il cerchio si è chiuso. L’abbiamo anche conosciuta, è una persona squisita, ci ha detto: “Venitemi a trovare, vi faccio vedere il mio laboratorio”.
E nello specifico perché Fondazione Umberto Veronesi?
Per noi è stato importante sapere che il nostro investimento aveva un obiettivo preciso, poter “sponsorizzare” qualcuno, con un nome e un cognome, impegnato nella ricerca. Mi fa immensamente piacere restituire una parte di ciò che l’azienda ricava, a favore di chi mette in campo attività produttive per il futuro, come fa Fondazione Umberto Veronesi. Chi fa il nostro mestiere investe oggi per avere un risultato domani. Io sarei non felice, ma strafelice se la dottoressa Montagna compisse un microscopico passo in avanti nella lotta ai tumori, anche con il nostro aiuto e a beneficio di tutta la collettività.
In che modo questo impegno vi è stato finora riconosciuto dai clienti e dalle persone che lavorano in azienda?
Sappiamo che i nostri lavoratori sono gratificati dal fatto che l’azienda per cui lavorano riesca a produrre reddito, e che parte di quel reddito vada a beneficio delle persone con difficoltà e della ricerca scientifica. Il nome di Fondazione Umberto Veronesi è conosciuto da tutti, per la sua storia, per il suo presente e – mi auguro – per il suo futuro. E, nel caso specifico, la ricerca a favore dei bambini ci riguarda tutti.
In questo momento storico segnato dall’emergenza pandemica, qual è il ruolo della responsabilità sociale delle imprese?
Sul piano aziendale abbiamo risentito poco della crisi causata dalla pandemia, ma certamente il clima di incertezza degli scorsi mesi ha reso tutti molto più cauti. Sul piano sociale ed umano, però, una constatazione mi pare evidente: quando ci sono delle calamità che colpiscono un fratello, un collega, un conoscente, il vicino, il senso di attaccamento alla comunità ne esce rafforzato. Le aziende che guardano ai temi sociali non smetteranno di farlo, anzi, ne usciremo più consapevoli dell’impatto che possiamo avere sulla società.