La signora Anna, scomparsa per un'emorragia cerebrale, ha salvato la vita a sei persone, donando gli organi. La famiglia, anche per superare il lutto, ha scelto di sostenere la nostra ricerca. «L’ultimo suo desiderio era aiutare chi lavora per gli altri»
«Mia mamma ha deciso di essere un esempio anche dopo aver perso la vita». Dora Prete, 38 anni, di Cosenza, ha scelto di raccontare a Fondazioneveronesi.it le emozioni vissute nell’ultimo mese. Giugno s’è aperto con la scomparsa della madre e s’è concluso con l’ingresso nell’ultimo mese di gravidanza. La morte ha anticipato una vita, come se un’araba fenice avesse calcolato i tempi per colmare il vuoto apertosi in modo inatteso. Tra i due eventi, c’è il cuore della storia.
LA STORIA - Tutto ruota attorno alla scelta adottata dalla signora Anna, 59 anni, deceduta il 3 giugno scorso. A toglierle la vita la rottura di un aneurisma cerebrale. L’emorragia è parsa da subito troppo estesa, per porle un freno. L’ultima curva è stata imboccata il 31 maggio: un mal di testa lancinante, il collo che diventa rigido. «Ciao amore», il saluto distaccato rivolto al nipotino, appena giunto da Firenze. «Giocheremo assieme non appena starò meglio». Ma quel poi non sarebbe mai arrivato. Dalla successiva perdita di coscienza, nonostante il pronto ricovero all’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza, Anna non s’è più ripresa. Fino al decesso, decretato 72 ore più tardi. La storia più bella comincia da qui.
IL DESIDERIO DI ANNA - Certificata la morte, gli specialisti calabresi si sono trovati di fronte alla richiesta dei parenti della vittima: la figlia Dora coi suoi due fratelli, Emilio (37) e Davide (25). «La mamma aveva compilato il tesserino blu, anche se dopo l’ultimo trasloco non lo abbiamo più trovato», racconta oggi la figlia Dora. Tesserino blu sta per esplicita volontà di donazione degli organi. Così è partito l’iter: prima la riunione della commissione, poi l’ok al prelievo, infine l’ingresso della salma in sala operatoria. La causa del decesso non ha impedito di recuperare il cuore, entrambi i reni, il fegato e le due cornee. Gli interventi di trapianto sono riusciti, senza complicazioni. I due reni sono finiti a Reggio Calabria e Paola, grazie al cuore di Anna oggi vive un cittadino abruzzese di 59 anni, mentre dal fegato ha tratto beneficio un cosentino di 64 anni. Pure le cornee sono rimaste in Calabria: una ad Acri (trapiantata a un diciottenne), l’altra a Reggio Calabria (a riceverla un uomo di 55 anni). «Il nostro dolore è stato compensato dalla gioia donata a queste persone», chiosa Dora, cui è toccato onorare l’ultimo desiderio della mamma: no ai fiori al funerale, meglio prodigarsi per un’opera di bene. Da qui la decisione di raccogliere una cifra considerevole da devolvere alla ricerca sostenuta dalla Fondazione Veronesi. «La scelta è stata compiuta per aiutare chi ogni giorno suda in laboratorio per migliorare l’esistenza di ognuno di noi».
IL RINGRAZIAMENTO - La legge impedisce alla famiglia del donatore di conoscere i riceventi. Non il contrario, però. Così è toccato al fratello del paziente di Paola che ha ricevuto un rene elogiare il gesto compiuto dalla famiglia della donna deceduta. «Nonostante il lutto, i parenti hanno dimostrato sensibilità, altruismo e coraggio», ha raccontato il signor Giuseppe alla testata locale Marsili Notizie. «Gesti come questo sono indimenticabili, come lo sono la sensibilità e la professionalità che hanno dimostrato i nostri medici»: da Renzo Bonfiglio (direttore del reparto di nefrologia e trapianti a) a Ripalta Diterlizzi (direttore dell’unità di anestesia e rianimazione).