Beppe Grillo: lui mi attacca e io lo difendo
Difendo Beppe Grillo anche se mi chiama «Cancronesi» e mi accusa di essere a favore dei termovalorizzatori perché… voglio far ammalare la gente di cancro. L’ho sempre stimato ed apprezzato e gliel’ho scritto in tempi non sospetti: quattro anni fa, quando non esisteva ancora il suo movimento e non c’era ancora stata la rivolta dell’antipolitica.Rispondevo ai suoi continui attacchi, lo invitavo a un dibattito civile e gli ricordavo le mie battaglie contro le miniere e le fabbriche di amianto (che provocavano il terribile mesotelioma), contro le industrie che usavano il benzene (causa di leucemie), contro le lavorazioni che utilizzavano ammine aromatiche, responsabili del tumore della vescica. Per non parlare della lotta contro il fumo. Grazie a queste battaglie, combattute fianco a fianco con altri uomini di scienza, le «fabbriche del cancro» non esistono quasi più, e le sostanze a rischio sono state messe al bando dal mondo lavorativo.Grillo continua ad attaccarmi, ma io continuo a difenderlo, oggi come ieri. Non solo in nome della libertà di opinione, ma perché penso che i comici scrutino i nostri sentimenti con finezza, e che con la lente della satira e dell’ironia ci offrano una visione più profonda della realtà. Magari perfino anticipando profeticamente il giudizio della storia.Penso al disegnatore satirico George Grosz, che fu considerato dal nazismo «artista degenerato», e che nei suoi disegni espresse una violenta critica nei confronti di una società affaristica avida e spietata, ma che si presentava come rispettabile. Penso a Charlie Chaplin e a Tempi moderni, film del 1936 in cui costruiva l’irresistibile comicità del racconto su un attacco frontale al capitalismo selvaggio e allo sfruttamento degli operai. Fu questo film che gli valse l’accusa di filocomunismo da parte del movimento guidato da Joseph McCarthy e che lo costrinse nel 1952 ad allontanarsi per sempre dagli Stati Uniti.Io credo che sia un grande errore aver aperto la disputa su Beppe Grillo di sinistra o di destra. Una volta di più, la politica guarda il dito che indica la luna, e non la luna. Dietro all’uso vulcanico che Grillo fa del paradosso c’è in realtà un’acuta analisi del disorientamento totale e della difficoltà in cui si trova l’Italia. A partire dalla politica, che del Paese dovrebbe essere l’espressione più alta, e che invece è ormai inchiodata alla definizione di «casta». Il fatto che il sindaco di Parma abbia deciso di accogliere in giunta solo non politici è una svolta su cui è il caso di riflettere. E’ vero che i politici hanno assunto troppo peso in tutte le aree della vita civile, anche in sanità.Grillo mette il dito sulla piaga di una politica così concentrata sul consenso personale da perdere di vista completamente il bene comune. Ma che cosa succede alla democrazia quando tutti gli spazi sono stati occupati dagli interessi dei partiti? Grillo interpreta parte della visione e del disagio dei giovani che non riescono a vedere alcun disegno di democrazia nella politica attuale. Certo, il Movimento 5 Stelle manca di progettualità e di propositività, ma non per questo va sminuito. E’ insieme facile e futile etichettarlo come qualunquismo, dimenticando che la Storia non si ripete.Il fenomeno Grillo non va demonizzato, ma va analizzato per capire le cause della sua popolarità. Bisogna avere il coraggio di ammettere che la prima causa è lo scollamento totale tra un mondo che evolve verso forme partecipative, come dimostra la forza dirompente dei social networks, e una politica ancorata al principio della rappresentatività. La rabbia di Grillo, recitata che sia, è una rabbia partecipata, condivisa da milioni di persone. Un modo di fare politica è finito, la democrazia deve reinventare se stessa.
26-03-2013commenti(0)Leggi