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C’è un giudice a Berlino

Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto che  anche agli stranieri spetta di diritto l’indennità di accompagnamento e la pensione d’invalidità. Leggendola m’è venuta in mente la celebre frase  “C’è un giudice a Berlino” che avrebbe pronunciato un mugnaio prussiano quando, qualche secolo fa, in una controversia con il re, Federico il Grande, di fronte alla prepotenza del sovrano, esprimeva la sua fiducia nell’intervento di un giudice che avrebbe riconosciuto il suo diritto.

C’è un giudice a Berlino

Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto che  anche agli stranieri spetta di diritto l’indennità di accompagnamento e la pensione d’invalidità. Leggendola m’è venuta in mente la celebre frase  “C’è un giudice a Berlino” che avrebbe pronunciato un mugnaio prussiano quando, qualche secolo fa, in una controversia con il re, Federico il Grande, di fronte alla prepotenza del sovrano, esprimeva la sua fiducia nell’intervento di un giudice che avrebbe riconosciuto il suo diritto.

I giudici della Corte italiana hanno dato ragione a due immigrati che si erano rivolti a due differenti tribunali. L’uno, perché si era visto rifiutare dall’Inps l’assegno di accompagnamento per il figlio gravemente disabile. L’altro, perché l’Inps aveva negato la pensione d’invalidità pur essendo divenuto totalmente inabile al lavoro. Entrambi gli stranieri erano in Italia legalmente, ma erano sprovvisti di un documento che una legge restrittiva considera indispensabile per poter ricevere questi aiuti sociali.

Una legge, questa, che i giudici, preposti all’interpretazione dei dettati della nostra Costituzione, hanno ritenuto incostituzionale e hanno richiamato i valori di non discriminazione, di solidarietà e di diritto alla salute, affermando che sono da considerare di essenziale rilievo, e che prevalgono rispetto a tutto, perché la nostra Costituzione, veramente la più bella del mondo, è egualitaria e garante della giustizia sociale.

In presenza di una crisi economica, che travolge e stravolge la convivenza civile, c’è chi accusa gli immigrati di rubare agli italiani diritti e convenienze a cui non avrebbero diritto. Accuse,  ne sono certo, ispirate non da malanimo ma dall’angoscia della ristrettezza economica, e comunque sbagliate perché gli immigrati in posizione regolare lavorano e pagano le tasse, contribuendo alla vita del Paese, loro che vengono da mondi lontani e noi che ci siamo nati.

Umberto Veronesi



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