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Grazie anche a Science for Peace

E’ stato definito “storico” il voto con il quale nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 2 aprile, 154 Nazioni hanno approvato a grande maggioranza il Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali. Ma è un aggettivo ancora inadeguato per esprimere la portata epocale che esso rappresenta. Per la prima volta e dopo anni di trattative, discussioni, veti vari (tre stati si sono rifiutati di sottoscriverlo) sono state stabilite le  norme che da oggi regoleranno la vendita di armi  leggere e pesanti, dai carri armati agli aerei di combattimento, navi da guerra, missili, ma anche armi di piccolo calibro. Norme che tra l’altro ne proibiscono l’esportazione nel caso possano essere usate in attacchi contro la popolazione civile, in azioni terroristiche e di genocidio, in fatti di terrorismo e di crimine organizzato.

Grazie anche a Science for Peace

E’ stato definito “storico” il voto con il quale nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 2 aprile, 154 Nazioni hanno approvato a grande maggioranza il Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali. Ma è un aggettivo ancora inadeguato per esprimere la portata epocale che esso rappresenta. Per la prima volta e dopo anni di trattative, discussioni, veti vari (tre stati si sono rifiutati di sottoscriverlo) sono state stabilite le  norme che da oggi regoleranno la vendita di armi  leggere e pesanti, dai carri armati agli aerei di combattimento, navi da guerra, missili, ma anche armi di piccolo calibro. Norme che tra l’altro ne proibiscono l’esportazione nel caso possano essere usate in attacchi contro la popolazione civile, in azioni terroristiche e di genocidio, in fatti di terrorismo e di crimine organizzato.

E’ stato giustamente riconosciuto che questo traguardo è stato raggiunto anche per la grande azione delle organizzazioni pacifiste che in ogni parte del mondo hanno sostenuto e combattuto questo impegno umanitario. E tra esse, lo confesso con orgoglio, io metto anche il movimento Science for Peace, che ho creato chiamando a raccolta scienziati e premi Nobel, perché la scienza deve impegnarsi per la pace e contro la guerra. Insieme con noi ricordo qui tra le molte organizzazioni che ci hanno sostenuto le associazioni femminili, sempre in prima fila nella difesa dei diritti umani e la Rete Italiana per il Disarmo.

Mi hanno chiamato utopista e hanno detto che vivo fuori dal mondo perché non considero il carattere «difensivo» delle armi, ma io serenamente rispondo che in una democrazia avanzata, com’è l’Italia e come sono le altre nazioni che compongono l’Europa unita e la maggioranza degli stati, le armi non possono procurare benessere e progresso. In tutte le parti del mondo, l'incontrollata disponibilità di armi e munizioni ha portato sofferenza umana, repressione politica, crimini e terrore tra le popolazioni civili. Se la guerra è uno strumento barbaro per la risoluzione  dei conflitti, barbari  sono i suoi strumenti, le armi.  La guerra non solo uccide vite umane e distrugge le bellezze del mondo, ma ferma lo sviluppo e il progresso, creando a valle, ogni volta che scoppia, un futuro prossimo di fame, povertà, ignoranza e violenza.

Ho sempre detto che c’è bisogno di un cambiamento epocale. Con un atto di fiducia al quale possono e devono partecipare tutte le nazioni, Science for Peace  propone di investire nella scienza di pace, che può portare il benessere dove c’è la fame, l’acqua dove c’è il deserto, il dialogo dove c’è lo scontro di culture che tentano di distruggersi perché non si comprendono.

Il Trattato votato all’Onu è un segnale di questa nuova strada intrapresa.  Alcuni hanno criticato l’accordo perché insufficiente e inadeguato, e anch’io convengo che mancano ancora norme più stringenti. Senza nascondermi le difficoltà che ci attendono, io sono convinto però che l’accordo è un primo importante passo e ogni lungo cammino comincia sempre con un primo passo.



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