Parliamone per capire

di Umberto Veronesi

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Umberto Veronesi (1925-2016), medico e ricercatore, ha dedicato la vita allo studio e alla cura dei tumori, in particolare alle terapie conservative per i tumori del seno. E' stato Ministro della Sanità e Senatore del Parlamento Italiano. Ha dato vita alla Fondazione che porta il suo nome. Profondamente persuaso che la scienza possa migliorare il mondo in cui viviamo, questo blog, che ha aggiornato per cinque anni con 200 post, ha ospitato il suo pensiero sulla società, la scienza e il nostro futuro.

La "carta" della vita

La "carta" della vita

Spesso mi sento dire che il mio progetto Scienza per la pace è solo una nobile e generosa utopia. E invece la scienza non è un’astrazione filosofica, e produce fatti, non opinioni. Lo dimostra la conferenza mondiale (è la terza) appena conclusa dove si sono proposti alcuni progetti concreti per affrontare la battaglia contro le grandi malattie che infestano molti paesi sottosviluppati e la fame che li depaupera. Perché io sono profondamente convinto che il benessere favorisca la pace, e allontani la guerra. Con il benessere arrivano anche i progressi che lo accompagnano: l’istruzione, un sistema sanitario che si propone l’universalizzazione delle cure, un’agricoltura razionalizzata che permette di sfamare a costi minori un numero crescente di individui.

L'etica dei robot non ci darà guerre giuste

L'etica dei robot non ci darà guerre giuste

Ha senso parlare di etica della guerra? Esiste un codice morale da applicare non solo all’uomo contro uomo, ma anche alla tecnologia militare? Il concetto è di per sé un assurdo, ma la questione è di strettissima attualità e in occasione della terza edizione della Conferenza Mondiale di Science for Peace (a Milano, 19 e 20 novembre) ne parlerà il “padre” della Roboetica, l’ingegnere Gianmarco Veruggio, direttore della scuola di robotica presso il CNR di Genova.

Il mio "manifesto contro le guerre"

Il mio "manifesto contro le guerre"

A descrivere la morte in battaglia e le distruzioni della guerra ci hanno provato da sempre la poesia e la pittura. Se non ricordo male, è di Virgilio l’immagine del giovane caduto, con il volto “color del giacinto”, cioè di un pallido viola. E “La chanson de Roland” dà un quadro agghiacciante del campo di Roncisvalle, coperto di morti. La pittura non è stata da meno, dalla battaglia dipinta da Paolo Uccello al “Guernica” di Picasso. Ma è la fotografia, a partire dalle prime immagini dell’Ottocento, a catturare compiutamente la tragedia. Perciò, quale “Manifesto” contro la guerra può eguagliare la scossa di una mostra fotografica?

Gli alberi sono fioriti. Ma gli uomini?

Gli alberi sono fioriti. Ma gli uomini?

“Gli alberi sono fioriti. Ma gli uomini? “ In un commosso ritratto, Indro Montanelli riportò queste parole di Giuseppe Massarenti che moriva. Massarenti, sindacalista socialista brutalmente perseguitato dal fascismo, che lo internò per sette anni in un manicomio (i metodi dei regimi sono sempre uguali…) si battè tutta la vita per i diritti dei contadini più poveri. Nato poverissimo anche lui e rimasto orfano da bambino, voleva veder “fiorire gli uomini”, nel lavoro e nell’uguaglianza sociale. Non era stato un “padre costituente”, non aveva scritto lui l’articolo 1 della Costituzione (“La Repubblica italiana è fondata sul lavoro”) e l’articolo 4 che afferma per tutti i cittadini il diritto al lavoro, ma sapeva che senza lavoro non esiste nessuna società.

Chi ha ucciso Gheddafi?

Chi ha ucciso Gheddafi?

La domanda mi sembra futile, ma è al centro di un’indagine conoscitiva della Nato, di cui la cosa più assurda è che è stata avviata ma non se ne sa nulla. Intanto un’inchiesta della Lybian Free Press, con l’analisi di molte foto,  sostiene che l’uomo ucciso a Sirte non era Gheddafi, ma un suo sosia (ce ne sarebbero 12) che gli aveva fatto anche da controfigura a Roma.

Il pericoloso esempio di Steve Jobs

Il pericoloso esempio di Steve Jobs

Su Steve Jobs, il genio di Apple, si stanno incrociando due polemiche. Una è di tipo politico e qui non c’interessa. L’altra gira intorno alle dichiarazioni di  un giovane oncologo, Ramzi Amri: secondo lui il tumore di Jobs non era letale, e  se avesse seguito cure tradizionali invece che alternative il padre di Apple si sarebbe salvato. 

Formidabili queste donne

Formidabili queste donne

Quando qualche settimana fa telefonai a Leymah Gbowee, una delle tre donne onorate dal Nobel per la pace, per avere conferma della sua partecipazione alla grande conferenza  di “Science for Peace” organizzata dalla mia Fondazione per il 18-19 novembre, a Milano, mi disse:” Mi piacerebbe molto, mi piacerebbe davvero, ma devo andare in Congo e poi in Costa d’Avorio, a organizzare anche lì il movimento di lotta per i nostri diritti, per eliminare la violenza e lo stato di schiavitù in cui vivono le donne”. Non sapeva, e non lo sapevo neppure io,  che sarebbe stata insignita del Nobel, ma a me venne spontaneo pensare che se lo sarebbe meritato.

Non si uccidono così i bambini

Non si uccidono così i bambini

E’ stata una colonia italiana, dal 1869 quando c’era ancora il Regno d’Italia; migliaia di connazionali si sono insediati in quel Corno d’Africa, vi abbiamo costruito case, scuole, strade; a Mogadiscio, la capitale, ancora nel 1960 quando divenne indipendente, risiedevano 30 mila italiani. Ero bambino e vedevo fumare le sigarette Giuba, dal nome di un fiume somalo. Ce la dovremmo ricordare la Somalia.

Ragazzi, siete meravigliosi

Ragazzi, siete meravigliosi

Ragazzi, siete meravigliosi. E’ quello che ho pensato a Venezia vedendo la grande sala della Fondazione “Giorgio Cini” piena di giovani, arrivati per partecipare alla Conferenza mondiale “The Future of Science”. Arrivati da tutta Italia e ce n’erano una ventina, addirittura, che erano giunti dall’Argentina. Attentissimi, con blocchi per appunti in mano, e pronti, al momento del dibattito, a fare domande appassionate e inusuali. Io li guardavo e pensavo quanto sono sciocchi gli adulti (per fortuna, non tutti) che considerano i giovani degli “alieni”, e non riescono a vedere la loro fresca realtà al di là della barriera generazionale. Hanno il piercing, hanno i tatuaggi, hanno magari sul capo una cresta di capelli colorati? E’ perché vivono in un loro presente che non comprendiamo perché non è il nostro, fatto anche di eccesso e di nonsense nelle forme esteriori.

Ti chiedo un semplice click, per assistere un malato oncologico

Ti chiedo un semplice click, per assistere un malato oncologico

Un click e un ammalato sarà assistito a domicilio. Basta questo semplice gesto che potete fare andando sul sito www.1clickDonation.com per aiutarci a realizzare il nostro progetto che vede la possibilità di mettere a disposizione di un malato oncologico un’auto con autista  e accompagnarlo all’ospedale.

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