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La cultura maschilista contro l’uso della pillola

Troppe resistenze da parte dei farmacisti nel rilasciare alle donne la pillola dei cinque giorni dopo, autorizzata da cinque anni. Si parla di obiezione di coscienza, ma il suo utilizzo è ben lontano dall'aborto

La cultura maschilista contro l’uso della pillola

È difficile comprendere perché in Italia una legge chiara, semplice e definitiva trovi spesso ostacoli di vario genere alla sua applicazione. Mi riferisco alla norma della “pillola dei cinque giorni dopo” che, nonostante lungaggini e rinvii anch’essi poco comprensibili, nel novembre del 2011 è stata finalmente autorizzata. La legge tra l’altro ne consente la libera vendita nelle farmacie e specifica le modalità: le donne maggiorenni possono acquistarla senza ricetta medica, le minorenni con la prescrizione del medico. In entrambi i casi invece non è necessario esibire il test di gravidanza.

Sembrerebbe tutto chiaro e altrettanto pacifico che il dettato legislativo venisse rispettato. Non è così: da una recente indagine nazionale effettuata dall’agenzia di sondaggi SWG e da Edizioni Health Comunication su un campione rappresentativo di farmacisti e di donne tra i diciotto e i quarant’anni risultano dati contradditori. Infatti la quasi maggioranza dei farmacisti ritiene valida e necessaria questa contraccezione di emergenza; e la ritengono importante anche le donne. Ma poi all’atto pratico risulta che molte donne si lamentano di un ostruzionismo messo in atto dai farmacisti e ne denunciano indebite interferenze. Spesso richiedono la ricetta medica anche alle maggiorenni, oppure pretendono il test di gravidanza, che invece la legge non richiede. 

Trovo scandaloso questo ennesimo attacco al diritto della donna alla contraccezione e alla sua libera scelta della maternità. Siamo il fanalino di coda in Europa in fatto di uso della pillola contraccettiva e del preservativo, e questo comportamento riconferma purtroppo il permanere di una cultura prevalentemente maschilista, che pretende di controllare la sessualità femminile. Si parla di una “obiezione di coscienza” da parte di molti farmacisti che dovrebbero invece come loro dovere fornire un servizio. L’obiezione di coscienza è un pretesto perché non c’è assolutamente nulla, nei meccanismi della contraccezione di emergenza, che li possa appaiare ai meccanismi abortivi. Nella pillola dei “cinque giorni dopo” la cui azione è di 120 ore, come quella vecchia “del giorno dopo” (la cui azione è di 72 ore) il farmaco non agisce su un progetto di embrione, ma blocca l’inizio stesso del progetto, cosicché il processo di fecondazione non ha luogo. Con buona pace degli obiettori di coscienza la pillola dei 5 giorni dopo non uccide nessuna vita. 

Umberto Veronesi



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