Perchè c'è bisogno di maggior tolleranza
Provengo da una famiglia fortemente cattolica - lo era soprattutto mia madre - e la religione è un elemento imprescindibile della mia formazione e dei miei ricordi d’infanzia: il rosario tutte le sere, le domeniche a servire Messa come chierichetto. Quando Dio è uscito dai miei orizzonti, ho voluto mantenere ancora moltissime occasioni di scambio con uomini di religione ad ogni livello, ed ho trovato sempre nei miei interlocutori le porte aperte al dialogo e alla comprensione, che non significa accettazione , delle posizioni diverse e a volte opposte. Mi ha lasciato sconcertato la polemica sorta intorno allo spettacolo teatrale “Sul concetto di volto del Figlio di Dio”, in scena in questi giorni al Teatro Parenti a Milano, che al di là dei suoi valori artistici ho considerato un’occasione importante per riflettere sull’evoluzione dei rapporti fra mondo delle religioni e mondo laico. Invece si sono avute manifestazioni di incomprensibile intolleranza da parte di alcune associazioni che si definiscono difensori dei valori cristiani. Da non-credente mi sono sempre pronunciato a favore della tolleranza, che diventa sempre più necessaria in un società multietnica e multiconfessionale. Credo che per favorire la tolleranza bisogna prima di tutto evitare le provocazioni, che sono sempre nemiche del dialogo. Ho imparato questa regola dalla mia esperienza personale.Nel mondo dell’arte, che è vicino a quello della scienza nella libertà e universalità di pensiero, non si può prescindere da posizioni forti e da strumenti espressivi audaci. Molta saggezza ha mostrato quindi il Cardinale Scola, che, pur rammaricandosi e chiedendo più attenzione alla sensibilità cattolica, non ha chiesto la sospensione della pièce al Parenti. Peccato che il Vaticano pochi giorni dopo abbia invece condannato l’opera, scatenando questa volta l’estremismo dei cosiddetti “ultrà cattolici”. Del resto tutti ricorderanno di aver condannato le violente e sanguinose reazioni del mondo islamico al discorso di Regensburg di papa Ratzinger nel settembre del 2006, dove compariva il noto giudizio su Maometto “che ha portato solo cose cattive e disumane”, messo in bocca a Manuele Secondo, il Paleologo, nel 14esimo secolo. Anche oggi quindi l’invito deve essere alla moderazione in entrambe i mondi, e credo che questa sia la direzione indicata anche da Scola. Ci sono troppi motivi per cui religione, scienza e arte devono unire le proprie forze e agire insieme. La lotta alla fame nel mondo, il rispetto dei diritti umani, soprattutto nei più deboli, la soppressione della pena di morte, l’auspicio del disarmo universale e la pace nel mondo. Nella costruzione della pace, in particolare, la scienza può avere un ruolo nuovo e fondamentale, che però non può realizzarsi senza dialogo fra religioni e fra religiosi e laici. L’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII del 1963 ha diffuso un messaggio molto bello e forte che io cito sempre e a cui credo tutti dovrebbero ispirarsi : “ Non esistono guerre giuste”. E ancora “La guerra non è inevitabile, né la pace è soltanto un dono», ma entrambi sono «prodotti di un operare umano, cioè di un operare di cui gli uomini sono responsabili».Umberto Veronesi
27-03-2012commenti(0)Leggi