Anoressiche pro-ana in galera?
Presentata una proposta di legge per punire il reato di "istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare disturbi del comportamento alimentare"
Qualche mese fa la Camera dei Deputati Italiana ha depositato una proposta di legge (n.2472 del 19 Giugno 2014) intitolata "Introduzione dell'articolo 580-bis del codice penale, concernente il reato di istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l'anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare".
In estrema sintesi: l'articolo 580 del Codice Penale (Istigazione al suicidio) punisce, giustamente, "chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione".
L'articolo 580-bis vorrebbe assimilare ad "istigatrici al suicidio" tutte le persone che, soprattutto sul web, incitano a comportamenti di tipo anoressico o bulimico (in pratica il fenomeno dei cosiddetti siti "pro-anoressia" ovvero "pro-ana").
Le pene proposte: reclusione fino ad un anno e sanzione pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro; se il destinatario del messaggio fosse un minore di 14 anni, le pene sono raddoppiate.
Cosa c'è di buono nella proposta: lo Stato sceglie di evidenziare con urgenza il tema dei disturbi alimentari: "la presente proposta di legge si propone di attirare l'attenzione sul problema dei disordini del comportamento alimentare. Questi disordini, di cui l'anoressia e la bulimia sono le manifestazioni più note e più frequenti, sono diventati, nell'ultimo ventennio, una vera e propria emergenza nei Paesi occidentali, una piaga che attraversa tutti gli strati sociali".
Cosa c'è di meno buono nella proposta: lo Stato pensa che la punizione possa essere un metodo valido per arginare una malattia. Non è valido in generale ed è ancor meno valido per un adolescente che, quando sente aria di "sfida", si butta con ancora più forza nel comportamento malato.
Quindi: la punizione aiuta, forse, a ridurre l'incidenza delle cattive abitudini, non delle malattie. Le malattie cerchiamo di curarle, non di punirle.