«Mangia», «aspetta», «nuota»: la paura della congestione
Il ritornello estivo recita: «Aspetta 2-3 ore prima di fare il bagno». Ma l'attesa è davvero necessaria? Facciamo chiarezza
Agnese, non ne posso più.
Ogni estate la stessa solfa. Sono stufo! Ai bambini sto simpatico, devo dire che con loro ci so fare. Non appena mi vengono a trovare non vedono l’ora di giocare con me, capisci? E non si stancherebbero mai. Poi arriva l’ora del pranzo o della merenda… e automaticamente divento un orco cattivo. Se un bimbo, appena finito di rosicchiare un’anguria, vuole subito raggiungermi di nuovo, la mamma mi guarda inorridita, poi fulmina lui con lo sguardo e gli ingiunge un coprifuoco di 2 ore o 3. E il piccolino se ne sta mesto a fissarmi da lontano, contando i minuti che ci separano, e continuando a chiedersi cosa mai avremo fatto di male, io e lui. Il problema è che me lo chiedo anch’io. Non staremo esagerando? Anche perché all’estero di solito mica si fanno tutti questi drammi. Non so cosa pensare, aiutami a capire.
Un caro saluto dal tuo amico agitato.
Il mare
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Ciao mare!
Capisco la tua frustrazione. Da sempre rappresenti una delle nostre principali fonti di relax e di salute, e hai sicuramente ragione sul fatto che non c’è bisogno di fare allarmismo quando si pensa a te: ma altrettanto sicuramente la prudenza non va mai lasciata a casa, anche quando si ha a che fare con un elemento così apparentemente innocuo come l’acqua. Lo sapevi ad esempio che negli Stati Uniti l’annegamento è la seconda causa di morte per trauma accidentale nei bambini fino ai 14 anni? È un dato che fa impressione. L’autorevole Center for Disease Control and Prevention (CDC) americano ha stilato un elenco dei fattori che espongono a rischio annegamento: si tratta principalmente di mancanza di controllo da parte di un adulto nei momenti in cui un bambino piccolo fa il bagno (al mare, ma anche in piscina, al lago, nel fiume e persino nella vasca da bagno) assieme all’assenza di barriere che prevengano l’accesso incontrollato del bimbo all’acqua, una mancata capacità di nuotare, la presenza di disturbi neurologici come l’epilessia e (per gli adulti) il consumo di alcolici, che interferisce sia con la capacità di valutare situazioni a rischio che con i riflessi.
Curiosamente il CDC non menziona fra i fattori di rischio l’aver pranzato da poco. Eppure, aspettare almeno 3 ore dopo i pasti è la prima raccomandazione per i bagnanti sul sito del Ministero della Salute. Questo nonostante nonostante l’International Life Saving Federation, l’organizzazione mondiale per la sicurezza in acqua, abbia definitivamente dichiarato che l’attesa tra pranzo e bagno non ha alcun fondamento scientifico. Quanta confusione! Cerchiamo di vederci chiaro.
La paura principale di tanti genitori, caro mare, è che il contatto con la tua acqua fredda (tua o della tua amica piscina) a stomaco pieno provochi una «congestione»: in altri termini blocchi la digestione e - nei casi peggiori - possa causare uno svenimento, che chiaramente in acqua può essere molto pericoloso. Si tratta di un timore di vecchissima data (come riportato in un’interessante ricostruzione su Query): pare che già il medico greco Galeno di Pergamo nel II secolo d.C. e il medico persiano Haly Abbas del X secolo d.C., stando a fonti del XVI e del XIX secolo, consigliassero nei loro testi di astenersi dall’immergersi in acqua dopo il pasto. Non stupisce quindi che si tratti di una convinzione diffusa nel mondo (nonostante una certa discordanza sul lasso di tempo da lasciar intercorrere tra pranzo e bagno, che va dai 30 minuti anglosassoni alle 3 ore in Italia) e, almeno da noi, profondamente radicata. Ma sarà anche scientificamente fondata? Ti sorprenderà sapere, amico mio, che nonostante tutta la tradizione popolare su questo argomento c’è ben poca letteratura scientifica: vediamo insieme cosa si sa ad oggi.
Partiamo da un chiarimento terminologico: la «congestione»…non è una «congestione». Da definizione, infatti, questo termine si riferisce a un «ristagno di liquidi a livello di un tessuto»: la cosiddetta «congestione digestiva» non ha quindi significato dal punto di vista medico (anche se giocoforza è entrata nell’uso colloquiale). Si tratta piuttosto di un rallentamento della digestione: il contatto della nostra pelle con l’acqua fredda (ma anche con il getto del condizionatore, o con l’aria frizzantina della mezzanotte di capodanno dopo l’immancabile cenone…) richiama il nostro sangue alle aree periferiche del corpo per mantenere la nostra temperatura, togliendolo quindi a stomaco e intestino. Nulla di mortale. Certo, i crampi e la nausea per il pranzo rimasto sullo stomaco non sono il massimo della vita, ma per evitare che una sguazzata da te, mare, faccia questo effetto, basta limitarsi a consumare un pasto leggero, preferendo carboidrati e limitando proteine e grassi (più lunghi e complessi da digerire), e ovviamente facendo a meno dell’alcol. Una classica insalata di riso o di pasta o un panino andranno benissimo, la parmigiana magari mangiamola in un altro momento (o facciamola seguire a una pausa prima di bagnarci).
Un fenomeno che invece può realmente avvenire è l’«idrocuzione»: in parole povere, il brusco sbalzo di temperatura che subiamo se ci tuffiamo tutti sudati nell’acqua gelida (con o senza stomaco pieno) può causarci una perdita improvvisa di coscienza, facendoci rischiare l’annegamento. Il pericolo qui non sta nell’aver pranzato da meno di 2 ore, ma nel vero e proprio «shock termico» che infliggiamo al nostro corpo se entriamo in acqua bruscamente. È un meccanismo che dipende in parte da un riflesso nervoso che può comportare aritmie ventricolari, e in parte da una repentina vasocostrizione nelle aree periferiche del nostro corpo dovuta al freddo, che sposta grandi volumi di sangue verso la gabbia toracica e affatica il cuore (e questo in soggetti predisposti può favorire un arresto cardiaco). È una condizione molto seria, che non dipende dall’aver mangiato (e quindi, facciamoci attenzione sempre!), ma che per fortuna è estremamente facile da prevenire: basta entrare in acqua gradualmente, soprattutto se siamo accaldati e l’acqua è fredda. Diamo quindi il tempo al nostro corpo di abituarsi al cambio di temperatura, consiglio peraltro importante anche per garantirci una buona digestione.
In conclusione, caro mare: per divertirci in tua compagnia in sicurezza bisogna essere consapevoli di alcune regole, un po’ come quando si va in montagna. Evitare i tuffi nell’acqua ghiacciata, vigilare sempre sui bimbi quando fanno il bagno, mangiare leggero se non si vuole attendere ore prima di fare una nuotatina. E piuttosto che arrovellarci sui minuti trascorsi dal nostro gelato, ricordiamoci che è dal sole che dobbiamo ripararci durante e dopo il pranzo: le ore centrali della giornata sarebbe meglio non trascorrerle in spiaggia, specialmente per i bambini più piccoli (un buon modo per non subire la tentazione delle tue belle onde, mare!). Non sarà che ci siamo sempre preoccupati della cosa sbagliata?
si ringrazia il dottor Marco Delli Zotti