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Quanta disinformazione sull'incidente di Rennes

Confusione sul numero delle vittime e sull'entità della molecola testata. L'episodio è gravissimo, ma rimane un evento raro e necessario, per evitare che gli incidenti accadano su larga scala

Quanta disinformazione sull'incidente di Rennes

Il 15 gennaio viene riportata la notizia di alcune persone in gravi condizioni e una dichiarata clinicamente morta dopo aver partecipato a un test di sperimentazione di un nuovo farmaco a Rennes. Leggendo la stessa notizia su vari quotidiani (nella loro versione online), l'unica cosa che si può concludere è probabilmente questa. Tutto il resto, invece, è avvolto in un velo di mister: manco fossimo in un romanzo di James Ellroy.

Innanzitutto: quante persone hanno riportato i sintomi? Repubblica, Corriere della Sera e Il Giornale concordano su un totale di sei di cui cinque gravi e uno in coma irreversibile; Il Fatto Quotidiano e La Stampa invece parlano di quattro gravi e uno in coma. Ce ne siamo persi uno? No. Il test coinvolgeva novanta persone, le quali prendevano parte volontariamente alla sperimentazione di fase I (ve la ricordate?). Di queste, otto, tra i 28 e i 49 anni, erano state selezionate per assumere il farmaco sperimentale in più dosi. Due di loro hanno assunto un placebo, come controllo negativo, e per questa ragione non hanno ovviamente riportato alcun problema. Dei sei restanti ad aver assunto il farmaco sperimentale in questa fase, uno è entrato in coma irreversibile e, riporta Le Monde, è deceduto mentre scrivo. Tre di essi sono in gravi condizioni e potrebbero riportare danni irreversibili, uno riporta sintomi gravi e uno è ricoverato per precauzione. Nessuna testata riporta correttamente questi numeri, i quali devono essere dedotti leggendo i siti francesi del Ministero della Salute, dell'Ansm (l'agenzia del farmaco francese) e via dicendo.

Altro punto poco chiaro è il cosa si stesse sperimentando. Chiariamoci: trattandosi di un farmaco sperimentale ancora all'inizio del suo cammino verso la commercializzazione, nessuno qui si aspetta che la Bial, l'azienda farmaceutica che lo ha sviluppato, e la Biotrial, l'azienda francese che si occupava della sperimentazione clinica, mettano su tutti i giornali la composizione del farmaco stesso. Si tratta comunque di un prodotto protetto da segreto industriale perché non ancora brevettato. È giusto così, anche perché le autorità che il ministro francese Marisol Touraine ha prontamente inviato a indagare saranno sicuramente informate riguardo questi dettagli. Nonostante ciò, è curioso come ci sia una totale discordanza riguardo la natura stessa della molecola. Quando si è sparsa la voce che si stava usando un "endocannabinoide" qualche buontempone l'ha buttata lì e ha iniziato subito a dire che era un farmaco a base di cannabis. Mai coincidenza fu più spiacevole, visto che nelle stesse ore il Ministro della Salute italiano Beatrice Lorenzin annunciava la depenalizzazione dell'uso della cannabis a scopo terapeutico. Poi ci si fa un paio di calcoli e si arriva alla conclusione che un endocannabinoide non si può testare perché è già nel corpo umano. Eppure nessuna testata ci tiene a chiarire il punto. C'è chi parla di cannabinoide sintetico (La Stampa, Corriere della Sera), chi parla generalmente di un farmaco analgesico (Il Fatto Quotidiano) chi direttamente preferisce ammettere di non avere la minima idea di cosa fosse la molecola BIA 10-2474 (Il Giornale). Gli unici che si sono presi la briga di fare una ricerca su Google con il nome in codice della molecola stessa sono stati i giornalisti di Repubblica, i quali hanno correttamente riportato che si trattava di un inibitore della FAAH (Fatty Acid Amide Hydrolase), un enzima che catabolizza, cioè distrugge, gli endocannabinoidi. Qui c'è la relativa pagina Wikipedia. Che ci siano di mezzo i cannabinoidi era abbastanza evidente, ma anche qui colpisce come nessuno (a parte Repubblica) abbia saputo fare una semplicissima ricerca sul web. Giusto per aprire una piccolissima parentesi e sfatare un mito: non tutti i cannabinoidi di questo mondo sono contenuti nella cannabis.

Esistono tre tipi di cannabinoidi: quelli vegetali (i tetraidrocannabinoli altrimenti noti come THC, i cannabidioli o CBD e i cannabinoli o CBN), i cannabinoidi sintetici e gli endocannabinoidi, ossia cannabinoidi prodotti dal nostro organismo. C'è moltissima confusione riguardo il ruolo di queste molecole ma si sa che agiscono su recettori del sistema nervoso, modulando diversi sistemi di trasmissione e, per farla breve, alterando e diminuendo la percezione del dolore. Anche il loro effetto sul sistema immunitario è abbastanza conosciuto ma per tutti gli altri effetti, le certezze vacillano (per ora). Purtroppo non si può avere un quadro completo della situazione e non starò certo qui a ventilare complottistiche teorie di disinformazione o poco professionali negligenze da parte delle nostre testate. Mi rendo conto che dare queste notizie è spesso complicato, soprattutto quando pochissime persone sono davvero al corrente di ciò che è davvero accaduto. Resto comunque stupito della totale eterogeneità di versioni che possono esserci del medesimo evento

La notizia in sè, comunque, non deve perdere rilevanza. Cinque persone (o quattro) in condizioni critiche e una morta dopo aver assunto un farmaco sperimentale sono una cosa grave. Parecchio grave. Non a caso lo ribadisce anche l'attuale direttore dell'Aagenzia del farmaco nostrana, Luca Pani, il quale ipotizza che «o c'è stata una contaminazione oppure c'è qualcosa che mancava nel dossier in maniera preoccupante». Ricordiamo che un farmaco arrivato a questo punto ha già superato anni di test su cellule (in vitro) e su animali (in vivo, in questo caso scimpanzè). Non per fare una facile retorica nè sminuire o sdrammatizzare l'accaduto, ma bisogna sempre e comunque ricordare il perché si fanno sperimentazioni cliniche: esattamente per evitare che incidenti come quelli di Rennes si ripetano su larga scala. Si tratta di eventi rarissimi, al punto che per fortuna possiamo permetterci il lusso di ricordarli tutti, ma non per questo le probabilità che accadano sono nulle. Purtroppo, aggiungerei. Come sempre, è necessario mantenere la giusta razionalità e la debita "distanza oggettiva" dall'evento, per quanto doloroso esso sia. In questo modo si potrà apprezzare la famosa "big picture", ossia lo schema su grande scala, riguardo la vitale importanza degli studi clinici con farmaci di sperimentazione e si potrà evitare di cadere in facili teorie della cospirazione.  Io vedo già i complottisti della domenica arrivare con le loro scintillanti teorie:

  1. la Bial, l'azienda farmaceutica che ha sviluppato il farmaco, ha ottenuto risultati negativi durante i suoi studi in vivo ma essendo un'azienda farmaceutica è per sua natura corrotta (e ricchissima) al punto da essere riuscita a falsificare i risultati e/o a corrompere la Biotrial e l'azienda francese del farmaco per poterla comunque sperimentare sugli umani e vedere quante vittime fa. Perché essendo un'azienda farmaceutica, non è solo corrotta e ricchissima: è anche cattiva cattivissima. Una specie di versione "bigpharm" del Giulio Tremonti/Corrado Guzzanti che discute sulla nuova legge finanziaria: «Prima risaniamo i conti, poi vediamo chi è rimasto vivo»;
     
  2. la Bial ha ottenuto risultati positivi durante gli studi con gli animali, ma siccome gli studi con animali, per definizione, non funzionano sugli umani perché in fondo «non siamo mica ratti da 70 chili» (è stata detta davvero, giuro), allora era naturale e inevitabile che accadesse questa tragedia.

Mentre scrivo sono passati due giorni da questa brutta vicenda. Conoscendo l'amore e l'affetto, e anche spesso l'affinità elettiva, che il popolo internettiano ha per le teorie cospirative, se doveste scegliere tra la 1 e la 2, quale delle due apparirà per prima sui blog "Quellochenessunotidice.com" e "Lorononvoglionochetulosappia.it"?

Francesco Mannara
@f_mannara



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