Quale ricerca con gli animali di laboratorio?
In calo il ricorso agli animali per la ricerca di base, aumenta invece il loro numero per quella traslazionale
Nel post-precedente, abbiamo visto come il numero totale di animali usati in Italia per la sperimentazione animale sia in costante decremento, mentre si mantiene sostanzialmente invariata la distribuzione percentuale nell’utilizzo tra le diverse specie, con una forte preponderanza verso topi, ratti e altri piccoli roditori. Spesso, però, si fa moltissima confusione riguardo al tipo di ricerca a cui questi animali vengono destinati.
Per esempio, la maggioranza dell’opinione pubblica, difatto estranea al mondo scientifico, è convinta che tutti gli animali servano a testare nuovi farmaci. Gli studi tossicologici (così si chiamano) sono, loro malgrado, quelli in prima linea di bufala, ossia quelli su cui più si marcia quando si devono inventare panzane. Sono così tanto citati, spesso a sproposito, da essere diventati, nell’immaginario popolare, un simbolo dell’intera sperimentazione animale. Si è dibattuto milioni di volte tra chi dice che sono inutili (non è vero), che non sono affidabili (non è vero) e via dicendo. Purtroppo questi dibattiti altro non sono che l’ennesima bufala scientifica a cui dover far fronte. Essi, però, sono onnipresenti, visto che ogni volta che un attivista parla di sperimentazione animale, cita studi tossicologici, parla di test sui farmaci e via dicendo, dimenticandosi completamente di tutto il resto del lavoro che si fa con gli animali. Questa onnipresenza finisce per generare, nell’opinione pubblica, la sensazione che la sperimentazione animale altro non sia che un sinonimo di studi di tossicità. Cosa falsissima, come questo post si promette di dimostrare, spiegando a quale tipo di ricerca sono destinati gli animali utilizzati nei laboratori italiani.
Innanzitutto, un paio di definizioni, molto stringate, di ricerca di base e ricerca traslazionale. Laddove la ricerca di base ha bisogno degli animali per studiare processi biologici e meccanismi alla base delle malattie, la ricerca traslazionale si occupa di utilizzare queste conoscenze per trasferirle a diagnosi, prevenzione e cura delle malattie stesse. Per semplificare moltissimo la questione, si potrebbe ipotizzare che le malattie si conoscono sempre di più grazie alla ricerca di base condotta su animali e la ricerca tralazionale (o applicata) si incarica di utilizzare tali studi per migliorare le metodiche di prevenzione, diagnosi e cura. Dati alla mano, possiamo vedere nella fotogallery (fotografia 5) che la ricerca di base ha visto una progressiva riduzione nel numero di animali, passando da un 39,23 per cento nel 2010 a un 19,12 per cento nel 2015. Questi dati vengono compensati da un incremento nell’uso di animali nella ricerca traslazionale che passa dal 12,13 per cento del 2010 al 26,94 per cento nel 2015. Si mantiene abbastanza stabile negli anni la percentuale di utilizzo di animali per controllo qualità e studi tossicologici finalizzati alla ricerca di nuovi farmaci, con un leggero incremento nel corso del 2015 (si passa da circa il 40 per cento del totale nel quinquennio 2010-2014 a un 49 per cento nel 2015). Cosa significa questo dato? Così com’è, è complicato da interpretare. Sicuramente possiamo dire che ci si è spostati progressivamente verso una ricerca più applicata. Quindi, a proposito dei tanto strumentalizzati studi tossicologici condotti sugli animali, possiamo dire che nemmeno la metà degli animali utilizzati nei laboratori viene utilizzata per condurre studi sulla validità, sull’efficacia e sulla tossicità di potenziali farmaci.
Concludo rispondendo a quelli che dicono «fate fare pratica ai veterinari con modellini in gomma». Se fosse fattibile, sarebbe nobile. Dal 2010 al 2015 è stato fortemente abbattuto l’uso di animali per altri scopi (diagnosi, istruzione e formazione). Nel 2010 erano l’8,68 per cento del totale, mentre nel 2015 toccavano il 2,60 per cento (media del periodo 2010-2015: 5,68 per cento). È stato fatto molto, sicuramente si potrà fare ancora di più nei prossimi anni. Questi dati riguardano comunque il totale degli animali, ma a seconda del tipo di ricerca, si predilige una specie piuttosto che un’altra. I motivi di queste differenze, come abbiamo già visto in precedenza, sono dovuti al fatto che ogni organismo modello si adatta meglio a un tipo di ricerca. Nel grafico in basso nella figura sottostante osserviamo che per la ricerca di base, si scelgono prevalentemente i topi e i pesci (zebrafish). Ratti e altri roditori, così come scimmie, cani e uccelli sono scelti per controllo qualità e studi tossicologici. La ricerca traslazionale preferisce le specie a seconda del tipo di ricerca da fare: questo spiega la variabilità di anno in anno per ogni specie. I dati riportati provengono dai resoconti annuali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, il cui ultimo report disponibile alla data di stesura di questo post si riferisce all’anno 2015.
I dati riguardanti la destinazione d’uso degli animali per la sperimentazione rispecchiano un’evoluzione nel tempo del tipo di ricerca che viene fatta in Italia. Sarebbe molto interessante confrontare questo dato con il numero e il tipo di pubblicazioni fatte in Italia nello stesso periodo per vedere se l’aumento di animali destinati alla ricerca traslazionale si è poi tradotto in un aumento di pubblicazioni su riviste specializzate in questo settore: potrebbe essere un ottimo argomento per un post futuro. Altra cosa interessante sarebbe cercare di capire il perché di questo cambio. È probabile che gli enti finanziatori che stanziano fondi per la ricerca, dal Ministero alla Comunità Europea e via dicendo, abbiano ora più interesse per questo tipo di ricerca invece che per la ricerca di base. O in alternativa, i comitati etici potrebbero essere oggi più restii ad avallare procedure per la ricerca di base, dal momento che si tratta di un tipo di ricerca in cui è più semplice rinunciare a modelli animali rispetto alla ricerca applicata. Per poter avere un’idea più chiara della ragione per cui questi numeri si stiano muovendo, dovremmo confrontare i dati sull’uso di animali da sperimentazione in Italia con quelli prodotti in altri Paesi con una realtà scientifica simile alla nostra.
LE FONTI
- Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 17-6-2015 SG n. 138
- Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 8-6-2016 SG n. 132
- Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 24-8-2016 SG n. 197
- Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 24-4-17 SG n. 95