Prendiamo esempio dai colleghi spagnoli per farci conoscere
Il documento redatto dal COSCE, un'associazione di ricercatori spagnoli, è utile a divulgare i contenuti del nostro lavoro al resto della popolazione. Parlando anche di sperimentazione animale
«Siamo coscienti del fatto che una gran parte della società appoggia la ricerca biomedica con animali a patto che questa sia svolta in maniera responsabile. Affinché ció accada, per fare in modo che la società possa avere un'opinione obiettiva, è necessario fornirle informazioni chiare e oneste riguardo i benefici, sia per gli esseri umani che per gli animali, che si ottengono da questa ricerca».
Queste parole sono tratte dall'introduzione di un documento rilasciato qualche giorno fa dalla COSCE (Confederación de Sociedades Científicas de España). Si tratta di un’organizzazione che raccoglie firme illustri della ricerca spagnola, tanto pubblica come privata, con lo scopo di sensibilizzare la popolazione su temi di interesse scientifico, divulgare notizie e professare un corretto uso delle informazioni riguardanti il mondo della ricerca. Circa un anno fa, la COSCE si era già interessata disperimentazione animale, divulgando un libretto informativo riguardante i vantaggi e i limiti di questa pratica, esempi di risultati raggiunti attraverso l'uso di animali da sperimentazione e le prospettive future che abbiamo davanti. Oggi la confederazione si presenta con un nuovo documento, meno informativo e più propositivo, attraverso cui i maggiori centri di ricerca pubblici e privati del Paese si impegnano a una maggiore trasparenza riguardo il tema della sperimentazione animale. La cosa, di per sé, andrebbe già benissimo così ma è comunque il caso di fermarsi a riflettere un po'. Per chi mastica lo spagnolo, qui può trovare il link al documento (e qui troverà invece il documento del 2015).
Partiamo dal nome. «Acuerdo de transparencia», accordo di trasparenza. È un nome semplice ma molto potente, perché modifica gli stereotipi. Per una volta, gli scienziati escono dal cliché dello spocchioso «so tutto io», che tratta il popolino ignorante con la stessa gentilezza con cui trattiamo la stampante dell'ufficio che si inceppa mentre sta stampando i fogli della riunione, magari quando siamo già in ritardo. Tipo così. Stavolta gli scienziati scelgono di fare un accordo che, per definizione, indica un compromesso: noi ci impegniamo a spiegarvi per bene il nostro lavoro, voi vi impegniate ad ascoltare le nostre le parole senza preconcetti. Per essere solo il titolo, è già abbastanza sorprendente, no? Nell'introduzione troviamo poi l’obiettivo di questo documento: perché queste persone hanno deciso di fare tutto questo? La risposta è spiegata in maniera abbastanza concisa e chiara. «Questo accordo si propone di migliorare l'informazione disponibile, legando i firmatari all'impegno di adottare una comunicazione più chiara e trasparente e a promuovere un dialogo pubblico». L'informazione che ci si impegna a dare deve essere innanzitutto chiara, alla portata di tutti e, in secondo luogo, deve essere realistica. Promettere mari e monti o ingigantire notizie scientifiche è pericoloso, oltre ad evidenziare scarsa deontologia professionale nel mondo giornalistico. Prometto che di questo ne riparleremo in un altro post. Il punto è che questo accordo obbliga i firmatari a una informazione più aderente alla realtà, che sia in grado di evidenziare quali sono gli sbocchi e le applicazioni future dei risultati ottenuti da uno studio con animali, le relative limitazioni e le considerazioni etiche che comporta portare avanti il lavoro. In sostanza, «i cittadini devono essere partecipi del come e del perché si usano animali da sperimentazione per la ricerca scientifica, medica e veterinaria in Spagna». La speranza è che «la trasparenza nell'uso di animali da sperimentazione contribuisca a mantenere un accettabile livello di comprensione da parte della società».
Il punto centrale del documento sono i «cuatro compromisos», ossia i quattro impegni che la COSCE, i suoi membri e i firmatari del documento si impegnano a rispettare. Dopo l'introduzione, il primo punto è quasi ovvio. «Parlare con chiarezza riguardo quando, come e perché si usano animali da sperimentazione», con l'esplicita raccomandazione di riconoscere responsabilmente che la propria organizzazione sta usando animali. Può sembrare banale, ma nei decenni passati il timore di ritorsioni da parte di gruppi animalisti estremisti spingeva i centri di ricerca e le università addirittura a negare la presenza di animali al proprio interno. Una bugia, nessuno lo nega, che ha peraltro finito per giocare contro i suoi stessi fautori. Invece di essere stata poi giustificata per quello che realmente era, ossia una difesa inevitabile anche se poco etica dai possibili attacchi armati di gruppi estremisti, è stata invece abilmente manipolata dagli stessi gruppi anti sperimentazione come accusa di oscurantismo. In parole povere, si è passati dal «li nascondiamo per difenderci dagli estremisti» al «se nascondono l'uso di animali è perché hanno qualcosa da nascondere». Contorta, ma efficace. Scegliere invece di parlare apertamente del tema e non negare che si usano animali può invece servire a dare un'immagine più trasparente, tipica di chi non ha nulla di cui vergognarsi, e di conseguenza abituare la società alla presenza di questi centri e allenarla ad accettarli con maggiore serenità.
Il secondo punto richiede di fornire al pubblico e ai mezzi di comunicazione una informazione adeguata riguardo le condizioni in cui si effettuano esperimenti con animali e i risultati ottenuti da essi. In termini pratici, le istituzioni dovranno, entro il 2017, pubblicare sulla propria pagina web una dichiarazione in cui si esplicita la politica del centro riguardo l'uso di animali. Successivamente, le istituzioni si impegneranno a chiarire che ruolo ha avuto la sperimentazione animale all'interno di un risultato pubblicato su riviste scientifiche, lo sviluppo di un prodotto, eccetera. Inoltre, ogni centro di ricerca dovrà nominare una persona di contatto che si impegnerà a fare da referente di tutte queste informazioni. Per ogni esperimento, infine, sarà necessario descrivere dettagliatamente le misure prese per rispettare i principi delle 3R e le procedure effettuate. Il terzo punto è più collaborativo e richiede ai centri di ricerca di promuovere iniziative volte a generare una maggiore informazione e comprensione dell'uso di animali nella ricerca. Infine, il quarto punto indica la necessità di pubblicare report annuali riguardo i progressi ottenuti all'interno del centro, esplicitando il peso che l'uso di animali ha avuto in ognuno di questi risultati.
Come nasce un documento del genere? La COSCE ha semplicemente deciso di ispirarsi a un accordo simile già esistente dal 2014 nel Regno Unito. Per una volta, muovo una critica agli scienziati italiani invece che ai gruppi anti-sperimentazione. Cosa stiamo aspettando a organizzare anche noi un documento simile? Far conoscere il nostro mondo è l'unico modo per sperare che venga accettato e non sarò certo io a coniare un nuovo aforisma riguardo i vantaggi di conoscere qualcosa che prima si ignorava. In fondo, credo che l'ex rettore della Harvard University Derek Bok abbia già espresso perfettamente questo concetto: «Se pensate che la conoscenza sia costosa, provate con l'ignoranza».
Francesco Mannara