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Se le droghe leggere non fanno male

Le droghe leggere non fanno male, è la conclusione di uno studio di ricercatori del King’s College di Londra passato quasi sotto silenzio nei giorni scorsi e che invece io credo  meriti qualche commento

Se le droghe leggere non fanno male

Le droghe leggere non fanno male, è la conclusione di uno studio di ricercatori del King’s College di Londra passato quasi sotto silenzio nei giorni scorsi e che invece io credo  meriti qualche commento. La ricerca ha preso in esame 9 mila inglesi di 50 anni che in gioventù avevano fatto uso di marijuana e varie altre sostanze illegali compresa la cocaina: sottoposti per sei anni a test cognitivi e di memoria i risultati sono apparsi migliori rispetto a giovani che non avevano “fumato spinelli”. "Il risultato indica che non esiste un legame necessario fra uso di droghe leggere e compromissione delle facoltà cognitive a 50 anni",  ha spiegato  Alex Dregan del King's College, che ha pubblicato il suo studio sull'ultimo numero dell'American Journal of Epidemiology.

Da medico e da ricercatore,  ho sempre considerato doveroso applicare al problema della droga un approccio scientifico, e ho sempre contestato la facile soluzione del proibizionismo. Nella nostra società, infatti, non si è ancora abituati a discutere in base ai fatti e ai risultati, e si continua a discutere in base alle ideologie e a litigare sulle opinioni.  

Da persona responsabile, premetto che non posso considerare un fatto di costume lo spinello nelle scuole, tanto più se parliamo della media dell'obbligo, dove gli studenti sono poco più che bambini. Una maggiore sorveglianza, da parte delle autorità scolastiche e da parte delle famiglie, è quindi assolutamente doverosa.  

Detto  questo, dobbiamo vedere che cosa succede nella realtà.  A 15 anni "fumano" dal 10 al 15%  dei ragazzi e a 18 anni il 40% delle femmine e il 60% dei maschi. E' un fenomeno di massa, quindi. Come considerarlo, a quali rischi  va incontro chi fuma lo spinello? Le statistiche epidemiologiche dimostrano che la mortalità per droghe leggere è pari a zero, che esse non  danno una forte assuefazione e che non sono il tanto temuto "ponte" di passaggio alle droghe pesanti, in particolare all'eroina. Di quel 60% che a 18 anni fuma lo spinello solo lo 0,8% è passato all'eroina. E la ricerca inglese dimostra che lo spinello non intacca le facoltà mentali. Il proibizionismo può allora essere una carta vincente? Ho molti dubbi al riguardo perchè, come  è storicamente dimostrato, il proibizionismo non paga, non evita i danni per i quali è stato deciso, e ne crea altri molto peggiori.   Come medico e come uomo, credo profondamente nella "riduzione del danno", che ormai è la strada scelta in Europa dai Paesi più avanzati per tentare di risolvere il problema ben più grave della tossicodipendenza. Del resto, anche l'Italia è andata in questa direzione. L'azione efficacemente svolta dai Sert in questi anni, la distribuzione gratuita di siringhe da parte delle "unità di strada", l'informazione sanitaria diffusa tra i giovani da operatori sociali coraggiosi e molto motivati stanno dando risultati importanti, che forse pochi conoscono.

Di droga si muore di meno, innanzitutto. Secondo i dati più recenti la mortalità per overdose risulta in coda nelle cause di morte della popolazione dai 15 ai 44 anni. Prima vengono gli incidenti stradali, il suicidio, l'Aids.



Commenti (1)

Daniel Lawrence Amram19-01-2018

Ho letto con attenzione questo lavoro e mi ha colpito una frase nella discussione: "Indeed, when analyses were stratified by educational level, the association between ever illicit drug use and cognitive functioning was not statistically significant for the participants with degree-level qualifications (data not shown)". Inoltre il lavoro non è in riferimento all'uso delle "droghe leggere" bensì alle "droghe illecite" che non è la stessa cosa, fermo restando che la cannabis sia anche in questo lavoro la principale droga sperimentata. Infine, mi pare di aver capito che lo studio aveva tenuto conto di "ever use" e non "heavy use" (infatti la prevalenza dei consumatori in una fascia educativa elevata è forse una giusta conseguenza). Infine mi chiedo se la mortalità (per carità è un parametro importante) possa essere la sola discriminante tra uso REGOLARE e non uso, o se dalla qualità di vita, alla co-morbidità, dall'insorgenza di patologie organiche etc. non siano anche anche esse dei parametri da tenere in conto. Non sono proibizionista e non mi interessa il dibattito politico intorno alle cosiddette droghe leggere. Svolgo il mio lavoro di prevenzione primaria e secondaria principalmente sul tabagismo, che reputo essere, anche se legale e lecito è di gran lunga più mortale di incidenti stradali, suicidio, AIDS, droghe etc. combinati insieme. E che l'uso di cannabis negli adolescenti può essere un incentivo per l'iniziazione del fumo di tabacco. Cordiali saluti Dr. D.L. Amram

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