Se il paziente fa causa al medico
Nell’antica tradizione cinese, se l’ammalato moriva il medico non veniva pagato. Una consuetudine che tradiva un rapporto puramente commerciale tra paziente e medico, perché sottintendeva che se l’esito era la morte, con tutta evidenza il medico non si era impegnato abbastanza, o non aveva dimostrato la necessaria competenza. Nello stesso tempo, era anche un atto fideistico nella scienza medica: la medicina “doveva” guarire, perché lo “poteva”.
Nell’antica tradizione cinese, se l’ammalato moriva il medico non veniva pagato. Una consuetudine che tradiva un rapporto puramente commerciale tra paziente e medico, perché sottintendeva che se l’esito era la morte, con tutta evidenza il medico non si era impegnato abbastanza, o non aveva dimostrato la necessaria competenza. Nello stesso tempo, era anche un atto fideistico nella scienza medica: la medicina “doveva” guarire, perché lo “poteva”.
Ho pensato che non siamo molto lontani da questo atteggiamento culturale che ci sembra assurdo, quando ho visto lo spot televisivo trasmesso un po’ da tutte le reti, in cui si mostra uno scorcio inquietante di un pezzo di ospedale, mentre risuona uno slogan: “Alza la voce se sei vittima di malasanità. Hai tempo dieci anni per chiedere il risarcimento”. Seguono gli indirizzi internet per mettersi in contatto con chi provvederà a fare denuncia e ad avviare la causa.
Essendo medico, sono ben consapevole che qualunque mia critica può apparire espressione di una difesa corporativa. E tuttavia trovo necessario ragionare sul clima di sfiducia che si va instaurando tra i medici e i cittadini, chiedersene le cause, esaminare sino in fondo quali potranno essere le conseguenze, a breve e a lungo termine, della rottura del tacito patto di fiducia tra chi cura e chi viene curato.
Innanzitutto va fatta una considerazione: in un’epoca in cui la salute ha conquistato il primo posto nella lista di valori della società, non si può non interrogarsi sulla discrasia tra l’alto livello di fiducia nella scienza medica (da cui si arrivano a sperare miracoli…) e una diffidenza generalizzata verso i medici, strumenti operativi di questa scienza.
Non rimpiango certo quel rapporto paternalistico in cui il medico decideva e il paziente accettava senza obiezioni, anzi continuo a battermi perché vinca il modello di “alleanza terapeutica”, con un paziente informato e libero nella scelta, ma mi faccio la grande domanda: perché è caduto il credito morale che il paziente accordava al medico?
Secondo me, si tratta di una caduta ingiustificata, di una paura che ogni giorno viene smentita dalle centinaia di migliaia di atti medici e d’interventi chirurgici che vanno a buon fine, e dalla lunga e insperata sopravvivenza (in genere con una buona qualità di vita) di milioni di persone che solo qualche decennio fa perdevano la vita per malattie che ora sono sotto controllo, a partire dagli ipertesi e dai cardiopatici.
Non sostengo che i casi di malasanità non si verifichino, ma sono anche convinto che siano una percentuale minima sul totale degli atti medici, e questo viene confermato anche dal numero delle condanne: su migliaia di processi avviati, pochissimi si concludono con una sentenza che sanziona un caso di malasanità.
Ma è urgente restaurare la fiducia. Non solo quella dei pazienti, ma anche quella dei medici nel proprio agire. Ci si può riuscire non tanto nei tribunali, quanto con una rigorosa messa a punto dell’organizzazione ospedaliera. Non ci deve essere fretta, non ci devono essere pericolose carenze di organico, bisogna generalizzare la qualità.
La malpractice non alligna dove ci sono i controlli. Altrimenti, avremo una Medicina che non si propone di giovare ai pazienti, ma che si difende da essi. Sulla scia di ciò che già avviene in America, tra poco potremmo trovarci di fronte a medici che rinunziano a un intervento rischioso ma risolutivo, e scelgono quello più facile che però non gioverà al paziente. Oppure a medici che (ad altissimi costi per la sanità) bombarderanno i loro pazienti di esami inutili e anche rischiosi nel tentativo di coprirsi le spalle contro azioni legali. Così, mentre le compagnie assicurative faranno affari d’oro, sia il paziente che il medico saranno sempre più soli, a fronteggiarsi in una contrapposizione che non ha ragione di essere, e che troppo spesso si nutre di cronache ad effetto.
Umberto Veronesi