Se i figli si dimenticano dei vecchi genitori
In Cina è passata una legge che impone ai figli di «visitare spesso» i genitori anziani. E’ perfettamente in linea con lo spirito e la morale di Confucio, che non era certamente il filosofo preferito di Mao Tse Tung, e ci apre un curioso spiraglio sulla Cina contemporanea, che a noi europei appare poco meno misteriosa che ai tempi di Marco Polo. Vige ancora ad esempio il diktat politico del «figlio unico», tanto è vero che, una volta accertato il sesso del nascituro, continuano a dilagare gli aborti dei feti di sesso femminile.
In Cina è passata una legge che impone ai figli di «visitare spesso» i genitori anziani. E’ perfettamente in linea con lo spirito e la morale di Confucio, che non era certamente il filosofo preferito di Mao Tse Tung, e ci apre un curioso spiraglio sulla Cina contemporanea, che a noi europei appare poco meno misteriosa che ai tempi di Marco Polo. Vige ancora ad esempio il diktat politico del «figlio unico», tanto è vero che, una volta accertato il sesso del nascituro, continuano a dilagare gli aborti dei feti di sesso femminile.
I genitori, anziani o no, stanno prevalentemente in campagna, i figli maschi unici vanno invece in città a tentare la fortuna. Era opportuno ricordargli di andare a visitare gli autori dei loro giorni? Certamente sì, ma ricordarglielo non era sufficiente, e perciò hanno fatto una legge. Nell’immensa Cina stanno per fare le linee ad alta velocità, però sarà comunque complicato e costoso farsi vivi con papà e mamma. Ma la legge lo ordina. Se la facessero in Europa, sai quante discussioni, quanti dibattiti in tv, quanti pareri di psicologi, quante lance spezzate in nome della libertà conculcata. In realtà, l’affetto e la vicinanza filiale non si possono ordinare per legge, a rischio di battere moneta falsa.
Il problema è però molto reale, nelle società moderne. Basta ascoltare i discorsi delle badanti per scoprire che troppo spesso i figli garantiscono una supervisione ma non un’affettuosa seppur sporadica presenza. Di chi la colpa? Soltanto dei figli distratti e super-impegnati? Come padre di sette figli, credo di essere autorizzato a ricordare che a diventare vecchi s’impara da giovani, e che dobbiamo assolutamente proporci, quando i figli sono ancora ragazzi e stanno in casa a fare un’allegra baraonda, di non diventare quegli individui aspri e lagnosi che nessuno ha piacere di frequentare. Se alle feste “comandate” il figlio non si fa vivo nemmeno con una telefonata, dobbiamo avere il buonsenso, l’ironia e la serenità di non saltargli in testa quando telefona tre giorni dopo. Non serve a niente mettere il muso, e invece paga molto una risposta di questo genere: «Come stai, caro? Ti sei divertito? Anche io. Sì, sì, sto benissimo, non ti preoccupare. Ciao, a presto».
Umberto Veronesi