Quando la fecondazione assistita non è etica
Il presunto benefit proposto da alcune multinazionali mette una decisione assolutamente personale nelle mani del management aziendale
Un benefit di 20mila dollari per farsi prelevare dall’utero alcuni ovuli e farli congelare, in modo che più tardi possa nascere un figlio. Più tardi quando? Quando la madre avrà potuto sviluppare tutto il suo talento lavorativo, senza svantaggi nei confronti dei colleghi di sesso maschile. È l’offerta che sta arrivando dalle aziende della Silicon Valley alle giovani dipendenti. L’ha già lanciata Facebook, tra poco lo farà Apple. «Freeze Your Eggs, Free Your Career», cioè «Congela i tuoi ovuli, libera la tua carriera», come titola una rivista economica nel raccontare la vicenda. Microsoft e Citigroup già lo fanno a richiesta delle dipendenti, e a motivare nobilmente questa mossa aziendale ci ha pensato Apple: è per aiutare le donne ad avere il meglio per le loro vite e a prendersi cura delle loro famiglie, ed è la soluzione che consente una parità con gli uomini, al di là delle differenze di genere.
Ma è davvero un benefit? Sul piano puramente medico, non si può non rispondere che un’offerta di questo genere appare - ed è - inevitabilmente illusoria. Se infatti è vero che gli ovuli congelati si conservano vitali anche dopo vent’anni, non è altrettanto vero che l’età della donna non influenzi il loro attecchimento. Già a quarant’anni di età la fecondazione assistita ha una percentuale di riuscita del 15 per cento, e a 43 anni cala fino al 5 per cento. Significa quindi invitare giovani donne a lasciare il certo per l’incerto, cioè a rinviare una maternità che oggi può essere certa o almeno molto probabile, ad un futuro in cui potrebbe rivelarsi impossibile.
È etica, questa offerta di benefit? La crioconservazione degli ovuli, che vengono immersi in azoto liquido a 196 gradi sottozero, è una grande conquista scientifica dell’ultimo ventennio, che ha permesso una speranza concreta alle giovani malate di cancro che volevano preservare i loro ovuli dalla chemioterapia. È giusto avvalersene per le persone sane? Dal 2009 la scelta di rimandare una gravidanza congelando gli ovuli ha avuto il via libera dalla comunità scientifica, ma a mio giudizio non si può generalizzare, e occorre mantenere la cautela, decidendo caso per caso, anche in base alle motivazioni di questa scelta. Che possa diventare un benefit aziendale non mi sembra etico, perché fa di una decisione assolutamente personale un elemento del management, sotto pretesto di favorire le donne. Non mi sembra soltanto un’iniziativa malaccorta e intellettualmente disonesta, ma una violazione del privato.
Sotto quale segno nasce, l’offerta di "benefit"? Io non mi schiero con i tradizionalisti che respingono l’avvenuta scissione della procreazione dall’atto di amore, in difesa di una non meglio precisata «sacralità» della vita. Però voglio ricordare la differenza tra la scienza (che deve essere al servizio dell’uomo) e lo scientismo, che ha soltanto l’obiettivo di affermare la scienza al di là e al di sopra di qualsiasi considerazione. Una proposta come quella che le aziende della Silicon Valley vogliono contrabbandare come un vantaggio per le donne, nasce in realtà sotto il segno della commercializzazione dell’uomo. Jacques Testart, il biologo francese che il 24 febbraio 1982 diventò famoso come «padre» di Amandine, la seconda bimba al mondo nata dalla fecondazione assistita, è uno dei massimi specialisti della materia, ma ha denunciato più volte il pericolo di una deriva tecnologica delle scoperte scientifiche, rivendicando «una scienza contenuta nei limiti della dignità umana e della democrazia reale». Ha denunciato la minaccia di un possibile affermarsi di un nuovo eugenismo (un bebé su misura dei desideri consumistici), e lancia un appello: arrivare a una scienza dei «cittadini», rifondando il sistema della ricerca intorno a un nuovo contratto tra scienza e società, «una società civile portatrice di interessi non mercantili».
Una società davvero democratica non continua a lamentarsi del calo delle nascite, ma si dota di una politica in favore della maternità e delle famiglie. Non certo con trovate demagogiche come gli 80 euro che il presidente del Consiglio promette alle neo-mamme, e che servono a comprare, più o meno, quattro pacchi di pannolini per bebé. In favore delle famiglie e della natalità (nonché delle donne che lavorano) ci vuole un sostegno finanziario molto più strutturato e continuativo, e un diffuso appoggio di servizi sul territorio. E una concertazione con le aziende, affinché sviluppino innovazioni organizzative realmente utili al lavoro femminile. Come il telelavoro, gli orari flessibili, un aiuto anche alla paternità. È invece nel vuoto di democrazia reale che nascono le bizzarre iniziative come quelle della Silicon Valley. Inventando un benefit che sembra figlio di una specie d’indiscreto neopaternalismo. Un paternalismo gelido e tecnologico, come la soluzione che propone a vantaggio delle donne. Più che di ovuli congelati, si dovrebbe parlare di idee sottozero.
Umberto Veronesi