Pregare fa bene, ma non guarisce
Mi chiedono spesso se la preghiera può avere anche un potere terapeutico. Se si sta alla miriade di culti vecchi e nuovi (compresi quelli modaioli del New Age) molta gente sostiene di attingervi forza e benessere, soprattutto quando la preghiera è fortemente ritualizzata, e la ripetizione di sillabe o di mantra ottiene in chi prega un effetto di straniamento, il contatto con quella che sembra un’altra dimensione. Questo possiamo spiegarcelo alla luce di quanto sappiamo sulla biochimica del cervello (ad esempio, è noto che l’innamoramento, emozione psichica, innalza i livelli di dopamina, la quale induce uno stato di benessere), e quindi è ragionevole dire che un certo effetto benefico la preghiera l’ottiene. Diverso è il caso di chi pretende di sostituire la preghiera alla medicina, con un fideismo (non una fede) assolutamente irrazionale e pericoloso. E’ quanto sta succedendo negli Stati Uniti, dove più di 300 persone sono morte perché hanno abbandonato qualsiasi cura per rivolgersi solo a un preteso potere di guarigione della preghiera. La cosa più grave è che tra queste vittime di una decisione irrazionale ci sono anche dei bambini, il che mi ricorda angosciosamente i casi dei bimbi leucemici che avrebbero potuto guarire e che dai loro genitori furono consegnati alla “cura Di Bella”. Anche riviste scientifiche internazionali si stanno occupando di questa vicenda, e hanno già dimostrato che pretesi studi scientifici sul potere terapeutico della preghiera erano deboli e inconsistenti, e partivano da false premesse.
Mi chiedono spesso se la preghiera può avere anche un potere terapeutico. Se si sta alla miriade di culti vecchi e nuovi (compresi quelli modaioli del New Age) molta gente sostiene di attingervi forza e benessere, soprattutto quando la preghiera è fortemente ritualizzata, e la ripetizione di sillabe o di mantra ottiene in chi prega un effetto di straniamento, il contatto con quella che sembra un’altra dimensione. Questo possiamo spiegarcelo alla luce di quanto sappiamo sulla biochimica del cervello (ad esempio, è noto che l’innamoramento, emozione psichica, innalza i livelli di dopamina, la quale induce uno stato di benessere), e quindi è ragionevole dire che un certo effetto benefico la preghiera l’ottiene. Diverso è il caso di chi pretende di sostituire la preghiera alla medicina, con un fideismo (non una fede) assolutamente irrazionale e pericoloso. E’ quanto sta succedendo negli Stati Uniti, dove più di 300 persone sono morte perché hanno abbandonato qualsiasi cura per rivolgersi solo a un preteso potere di guarigione della preghiera. La cosa più grave è che tra queste vittime di una decisione irrazionale ci sono anche dei bambini, il che mi ricorda angosciosamente i casi dei bimbi leucemici che avrebbero potuto guarire e che dai loro genitori furono consegnati alla “cura Di Bella”. Anche riviste scientifiche internazionali si stanno occupando di questa vicenda, e hanno già dimostrato che pretesi studi scientifici sul potere terapeutico della preghiera erano deboli e inconsistenti, e partivano da false premesse.
Mi si consenta infine qualche considerazione. Parlando di preghiera, non è inutile distinguere. Ci sono credenze religiose, come l’islamismo, che nella preghiera pongono unicamente il dovere di lodare e onorare Iddio. Anche lo scrittore latino Lucrezio volava alto: era inutile pregare gli Dei o dedicare loro dei sacrifizi, “perché gli Dei esistono, ma non si curano degli uomini”. L’Ebraismo e le varie religioni cristiane riformate hanno della preghiera un concetto molto austero: si prega perché Dio aiuti a sopportare le tribolazioni, e soprattutto aiuti a vivere rettamente, portando nelle opere terrene il principio della Legge. Nella religione cattolica, c’è invece una tendenza alla banalizzazione della preghiera. E’ molto diffuso il costume di rivolgere a Dio, alla Madonna e ai Santi preghiere che assomigliano alle molto terrene “raccomandazioni”: la guarigione da una malattia, la fine di un’afflizione, la promozione a un esame, e perfino il ritorno del coniuge fedifrago.