Povere donne indiane sterilizzate in massa
Nell'ultimo anno quattro milioni di esse sono state private della possibilità di avere un figlio. Ma con un accesso libero all’istruzione, tutte conoscerebbero il loro diritto alla contraccezione
Ha ragione Malala, la giovanissima pakistana che ha ricevuto il premio Nobel per la Pace: «Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno». Malala, che ha solo 17 anni, a undici anni è diventata celebre per il blog da lei curato per la Bbc, in cui documentava il regime dei talebani del Pakistan, contrari ai diritti delle donne.
Ma non c’è bisogno di essere talebani per violare i diritti delle donne. Malala, con il suo sguardo limpido e coraggioso che scommette sul futuro, conosce tutto il dolore delle donne nello sterminato subcontinente indiano, e sicuramente non l’ha colta di sorpresa la notizia che in India, nell’àmbito della sterilizzazione di massa che il governo porta avanti dal 1996, otto donne sono morte e altre decine sono gravissime dopo essere state sottoposte all’intervento di legatura delle tube. Perché l’istruzione non è soltanto un diritto, ma il mezzo per avere diritti. Con l’istruzione, tutte le donne conoscerebbero il loro diritto alla contraccezione, e nessuna si farebbe massacrare in cambio di un compenso di 1800 rupie, circa 18 dollari. Non importa adesso sapere che dopo la solita inchiesta per accertare le responsabilità (tutto il mondo è paese), i medici sono stati scagionati e il «colpevole» è stato individuato in un antibiotico contaminato da topicida.
No, il colpevole non è un medicinale velenoso. L’ha detto chiaramente l’associazione All India Democratic Women: «Queste donne sono diventate vittime a causa dell’approccio al controllo della popolazione basato sull’obiettivo.» L’obiettivo di fermare la natalità in un Paese sovrappopolato, che ha toccato già 1.3 miliardi di persone. Così, dopo aver anche subìto pressioni dalle autorità locali, milioni di donne povere accettano la sterilizzazione, ricevendo un compenso che ai poveri sembra enorme. Tra il 2013 e il 2014 sono stare sterilizzate in India più di 4 milioni di donne, e le morti sono passate sotto silenzio. Dai registri governativi emerge un solo dato: nel periodo precedente (2009- 2012) sono state risarcite (con quanto?) le famiglie di 568 donne morte nell’intervento.
Setticemia, emorragie inarrestabili, mancanza di disinfettanti, farmaci scaduti, finti medici che operano senza precauzioni igieniche e senza anestetico, e adesso il topicida mischiato all’antibiotico. Le donne vengono portate ad accampamenti di fortuna ai margini delle foreste o in ospedali abbandonati, e lì operate. Anche l’India ogni tanto mal sopporta questa strage, e l’anno scorso una rete tv ha fatto scoppiare uno scandalo mostrando le immagini di decine di donne prive di conoscenza, scaricate in un campo dopo l’operazione. Risultato? Non è cambiato niente. Perciò ha ragione Malala: l’istruzione non è soltanto saper leggere e scrivere, ma l’indispensabile lievito della democrazia.
Umberto Veronesi