Perché negare un dono d’amore?
E’ più diffuso l’intervento chirurgico per l’ernia o la fecondazione eterologa? Lo so che è una domanda nonsense, alla Achille Campanile, ma mi sembra utile per iniziare a ragionare sull’inspiegabile decisione della Regione Lombardia
E’ più diffuso l’intervento chirurgico per l’ernia o la fecondazione eterologa? Lo so che è una domanda nonsense, alla Achille Campanile, ma mi sembra utile per iniziare a ragionare sull’inspiegabile decisione della Regione Lombardia: unica tra tutte le Regioni, ha deciso che i suoi ospedali non effettueranno gratuitamente la fecondazione eterologa, ma bisognerà pagare almeno 3mila euro per ogni tentativo.
L’intervento per l’ernia è il più comune in assoluto, se ne fanno decine e decine di migliaia all’anno. Ma la fecondazione con seme di donatore o ovocita di donatrice, resa ormai possibile dalla recente sentenza della Corte Costituzionale, non schiera numeri di questo genere, non minaccia di mandare in malora il bilancio sanitario della Regione Lombardia. Non può essere quindi il risparmio ad aver dettato l’austera decisione della giunta lombarda.
E allora? Devo confidarvi un segreto: da sempre ho un informatore privilegiato, l’uccellino Verdeliò. Questo piccolo volatile ha la mirifica capacità di venire a conoscere tutto quello che avviene nei Palazzi, e poi me lo viene a riferire, non senza aggiungervi la sua interpretazione. Questa volta mi ha detto: “Umberto, anche se pensare a 3mila euro mi fa scoppiare un fame da lupo perché chissà quanto miglio mi ci potrei comprare, non ti far dirottare dal discorso finanziario. Loro non sono inglesi, ma sono comunque Tory (conservatori) e hanno dato assicurazioni a chi di dovere che faranno di tutto per far inciampare la fecondazione eterologa”
Ho ringraziato Verdeliò, che è subito volato via. E io mi sono messo a pensare che se gli Scozzesi volevano l’indipendenza per essere più liberi, un’improbabile secessione della Lombardia e del Veneto porterebbe a un risultato di segno contrario, con leggi, norme e regole in cui abbonderebbero i divieti. No alle famiglie di modello non “regolare”, no agli stranieri che entrano in graduatoria per le case popolari, no ai Pronto Soccorso che soccorrono anche gli extracomunitari clandestini, no agli asili nido per i bimbi non italiani, no ai negozi con l’insegna in altre lingue, no alle feste di quartiere con il Dragone e le lanterne. Insomma: no al mondo che viene da noi.
Tutto questo è deplorevole, ma non è grave come negare alle coppie infertili la possibilità di avere un figlio con gameti di donatori. C’è una parte della nostra società che soffre di ideologismo, che difende “valori” astratti e che non è capace di simpatia umana. Chiediamoci dov’è il male o lo sbaglio nel mettere al mondo un bimbo che non ha il corredo biologico di entrambi i genitori, e chiediamoci se non è un atto di grande e purissimo amore affrontare la penosa e rischiosa trafila della procreazione medicalmente assistita.
Gli ideologi litigano, i politici ci costruiscono camarille e strategie, i bioeticisti seminano dubbi, gli psicologi sentenziano, i giuristi spaccano il capello in quattro. E’ vero che ci sono problemi da risolvere (si dovrà o no raccontare tutto al bimbo diventato adulto?), ma penso che scegliere di essere padre e madre faccia parte di quei diritti inalienabili della persona che sarebbe mostruoso negare o limitare. E’ stato un grande giorno quello in cui, con la nascita di Louise Brown, la prima bimba “in provetta”, la scienza fece un dono d’amore a tutto il mondo. Vediamo di meritarlo.
Umberto Veronesi