Ma è immorale «l'utero in affitto»?
Ma è proprio immorale e così scandalosa la pratica dell’utero in affitto, tornata in discussione dopo la notizia che il cantante attore Miguel Bosè ha annunciato di essere diventato padre di due gemelli grazie a questa “tecnica”?
Ma è proprio immorale e così scandalosa la pratica dell’utero in affitto, tornata in discussione dopo la notizia che il cantante attore Miguel Bosè ha annunciato di essere diventato padre di due gemelli grazie a questa “tecnica”?
Ma prima di tutto in che cosa consiste questa pratica, chiamata anche maternità surrogata, o maternità su commissione? Secondo una definizione di bioetica consiste nel mettere a disposizione parti del proprio corpo per consentire a terzi di vedere realizzato il proprio desiderio di filiazione senza direttamente impegnarsi in prima persona, o perché non vogliono o perché non possono. Consente cioè la realizzazione di una delle sfere più importanti dell'umanità, la filiazione (e il perpetuarsi della specie umana). E’ parte fondamentale di quelle tecniche della procreazione assistita che rappresentano una strada fondamentale di aiuto contro quella grande sofferenza che è stata chiamata la sindrome della culla vuota. Diffusa in America quale estremo ricorso di molte donne per avere un figlio, da un po’ di tempo anche uomini single o coppie di omosessuali la praticano per soddisfare quel desiderio, legittimo ma inappagato di paternità.
L’utero in affitto è quindi uno delle tante conseguenze che la rivoluzione scientifica di questi anni ha prodotto. Che a sua volta sta producendo una rivoluzione culturale e antropologica. Le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita e le potenzialità delle conoscenze sul DNA e la clonazione cellulare pongono grandi possibilità nelle mani dell'uomo, ma ci obbligano a rivedere e ridefinire il ruolo della donna, a riconsiderare l’istituto della famiglia basato tradizionalmente sulla dualità padre e madre, ad accettare una diversa concezione della sessualità.
Le lancette della nostra storia culturale e antropologica vengono spostate in avanti drasticamente rispetto a convinzioni, leggi, usi tradizionali. Così diventa sempre più normale (perché la scienza con le sue conquiste lo permette) avere un figlio a cinquant’anni, soddisfare il proprio desiderio di paternità o di maternità senza il sostegno di un legame istituzionale come la famiglia, e anche tra sessi omologhi.
Nella “donazione” dell’utero non vedo alcunché di scorretto, né di immorale. Anch’io sono stato testimone, come tanti altri medici, di un caso. Avevo operato una giovane donna per una forma benigna di tumore. Purtroppo, era stato necessario asportare completamente l’utero. Una grande infelicità per questa donna giovane, che insieme al marito desiderava ardentemente avere un bambino. Aveva una sorella cui era legata fortissimamente, e questa si prestò ad aiutare e soddisfare il grande desiderio della sorella. L’embrione, ottenuto in provetta, fu introdotto nel suo utero e tutto andò a buon fine. Fu un bellissimo atto d’amore, un atto misericordioso. Fu un atto che portò felicità a tutti, e che avremmo torto di giudicare senza la misericordia che l’ha ispirato. Fu un dono anche per il bambino, se riteniamo che nascere sia meglio di non nascere.
L’America ha da tempo saltato tutte le obiezioni, e ci sono vari suoi Stati in cui la legge permette di “affittare l’utero”. Tra la coppia che fornisce l’embrione e la donna che ne accetta la gestazione si stabilisce un vero e proprio contratto, che obbliga la madre surrogata (che percepisce un compenso e ha diritto a tutte le cure mediche) a consegnare il bambino subito dopo la nascita. Per molti, si tratta di cosa inaccettabile, che non si può nemmeno discutere. Invece è bene discutere, anche se il discorso è complesso e molto vasto.
La nostra è una società in cui si affitta solo l’utero? Pochi lo ricordano, ma non sono passati più di settant’anni da quando si considerava normale l’istituto del baliatico cioè di affittare le mammelle di un’altra donna, la famosa balia, che diventava per il tempo necessario una madre surrogata.
Se facciamo un discorso ampio, si possono moltiplicare gli esempi di “affitto”. Il minatore che scende in miniera per ricavare il carbone prezioso alla società, “affitta” le sue braccia che usano il martello pneumatico. Anche lo scienziato che offre il suo cervello a pagamento affitta un suo organo. E’ certamente una visione forse troppo razionalizzata, che probabilmente scandalizza e fa arrabbiare, ma il fatto di “affittarsi” fa parte della nostra società. Ci sono perciò cose che vanno discusse, e decisioni che vanno prese.
Il tema dell’utero in affitto, che fa tanto indignare, deve essere inserito nel contesto di tutto ciò che la nostra società già accetta, permette o fa. Se accettiamo e anzi propagandiamo la donazione di sangue e di midollo osseo, se accettiamo la donazione tra viventi di un rene e di parte del fegato, non vedo perché non si debba “donare” l’utero. Un atto da cui può nascere un nuovo essere, che non avrebbe mai avuto la vita. Penso che una volta ammessa e accettata questa donazione, sarà logico accettare – stabilendo regole chiare – anche quelli che lo fanno per denaro.
Umberto Veronesi