Lettera allo stalker che non sa amare la donna
Il 35% delle donne nel mondo ha subito una violenza da uomini che ritengono indispensabile "possederle". Ma (per fortuna) nessuno è padrone delle vite degli altri
Caro stalker, sei stato troppe volte recidivo, e la donna che fu tua adesso ha paura. Perciò, per evitare che tu divenga un assassino, sei uno dei primi stalker ai quali è stato messo il braccialetto elettronico. Si saprà se ti avvicini troppo, se violi i confini di un territorio dal quale ormai sei esiliato. Hai accettato il braccialetto come alternativa alla prigione, ma non sei pentito di quello che hai fatto. Sei infelice, questo sì. Hai rabbia, rancore, frustrazione, nostalgia…e perfino amore, anche se amore sbagliato.
Ma io vorrei farti ragionare proprio su questo amore sbagliato. Non eri nemmeno ubriaco, quando picchiavi, ma niente ti fermava. Non le grida dei vostri bambini rifugiati contro le pareti della stanza, non i singhiozzi e gli urli di lei, che t’implorava di smetterla. Quante volte l’hai presa a pugni sulla faccia, l’hai colpita a calci dopo averla spinta sul pavimento? Hai tentato anche di strangolarla, ricordi? E ricordi quel calcio nella pancia che ha cancellato dalla vita un vostro bambino? Quella volta hai avuto paura del sangue, mentre lei gemeva sul divano, e hai chiamato il 118. Naturalmente, lei ha saputo ancora essere la buona allieva delle tue imposizioni: ha detto di essere caduta dalle scale.
Poi la buona allieva ha detto basta. Ha superato il terrore delle botte, ha superato anche il filo d’amore che restava, e ti ha denunciato. Così hai dovuto fare la valigia, andartene. Hai visto il sollievo negli occhi dei figli, hai visto che nonostante tutto c’era anche dolore, ma dal groviglio che hai dentro non è uscito il pentimento. Ti sei prefisso di ritornare, perché niente ti può fare abbandonare l’idea che quella donna è «tua», e che sono «tuoi» quei figli singhiozzanti. Questo possesso ti è indispensabile, e nel fondo della tua anima lo consideri un diritto. Perché ti consideri un marito e un padre di diritto regale, e non ammetti limitazioni al tuo potere. Io non ti voglio giustificare, non posso.
Potrei parlare della probabile violenza del mondo da cui provieni, potrei parlare del fatto che forse mai nessuno ti ha insegnato che nessun uomo è padrone degli altri, ma voglio soltanto ricordarti una cosa che tu hai dimenticato: nella tua vita hai già avuto un braccialetto. Non somigliava a questo che tu guardi con odio e frustrazione, era soltanto una catenina di similoro benedetta a un santuario, e te l’aveva messo tua madre. Che piccolo polso, avevi allora! E come ti ridevano gli occhi quando la mamma ti prendeva in braccio! Forse non l’hai capito, ma la violenza a tua moglie ha cancellato tutte le donne, e ha colpito anche lei. Sei solo.
Umberto Veronesi