Le donne capiscono più degli uomini
Alcuni hanno fatto dell’ironia, altri l’hanno contestata: “Doveva battersi per impedire l’impoverimento delle pensioni, mica piangere a cose fatte!”
Alcuni hanno fatto dell’ironia, altri l’hanno contestata: “Doveva battersi per impedire l’impoverimento delle pensioni, mica piangere a cose fatte!”
Come sempre, la realtà ha molti volti, e non ha torto chi parla così, con sconforto e con rabbia. Ma chi ci dice che nelle lacrime del ministro del Welfare Elsa Fornero non ci fossero anche questo sconforto e questa rabbia? Esperta di pensioni, sicuramente ha valutato fino in fondo che cosa vuol dire per un titolare di una pensione modesta trovarsi di mese in mese una somma che si assottiglia sempre di più perché non segue l’indice dell’inflazione. I prezzi salgono, e i soldi restano quelli. Dell’affitto non si può fare a meno perché non si può andare a dormire sotto i ponti, il ticket ormai bisogna quasi sempre pagarlo, le scarpe sono da riparare, il paltò si è consumato e diventa sempre più leggero. Dio non voglia che si guasti il lavandino, perché i soldi per l’idraulico non ci sono, e semplicemente per andare a trovare i figli la domenica si spende di tram andata/ritorno quanto per una cena di pane e di latte.
Queste sono le realtà dell’Italia da salvare vista dagli scalini consumati delle case popolari, e il ministro Elsa Fornero lo sa benissimo. Per questo, tra i tanti volti della realtà, resta indimenticabile il suo, bagnato di lacrime. Pensiamoci. E’ la prima volta, nella storia della Repubblica italiana e del precedente regno d’Italia, che un ministro piange in pubblico annunciando i sacrifici richiesti. Sono state dichiarate guerre in cui si sapeva che sarebbe morta la meglio gioventù, ma nessun ministro ha pianto, nemmeno quando è tornato indietro in una bara drappeggiata dal tricolore il Milite Ignoto che li rappresentava tutti.
Ma ecco un ministro che piange, che non ce la fa a pronunziare la parola “sacrifici”, e scoppia in lacrime. Io lo considero un segno di forza, e non di debolezza. Perché significa che ha capito, che non sottovaluta quello che viene chiesto al Paese. Il regista Sidney Lumet fece dire a un suo personaggio “Le donne capiscono il mondo meglio degli uomini e perciò piangono più spesso”. Sì, le donne capiscono. Capiscono più degli uomini. Le lacrime sono un attestato d’umanità, e dicono più di quanto possa sembrare. Il pianto, che è la prima lingua dell’uomo ed è un linguaggio non verbale, è decisivo per il riconoscimento della comune umanità. Le donne hanno in sé questa umanità, che conferisce loro una “intelligenza d’amore” insostituibile e preziosa. Un vecchio e logoro stereotipo considera il pianto una debolezza delle donne, e lo interdice agli uomini. Ma non è stato sempre così, e io penso che la società moderna abbia subìto una grave perdita. Gli eroi di Omero piangevano, eppure erano eroi. Avevano le mani pure e nessun timore nell’animo. Noi viviamo in quella che è stata chiamata la “Shame Society”, la società della vergogna, che detta i comportamenti sociali. Agli uomini è proibito piangere. Ma non è proibito far piangere.
Umberto Veronesi