La mia ostinata speranza in un mondo migliore
«Il meglio deve ancora venire». E’quello che giorno dopo giorno ho pensato per tutta la mia vita, e l’ho ritrovato con molta emozione nel discorso del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. E considero una fortunata coincidenza che la sua rielezione sia avvenuta pochi giorni prima della Conferenza Mondiale per la Pace di “Science for Peace”, che si apre a Milano venerdì prossimo, e che s’ispira proprio ai concetti espressi da Obama: una pace costruita sulla promessa di libertà e dignità per ogni uomo.
«Il meglio deve ancora venire». E’quello che giorno dopo giorno ho pensato per tutta la mia vita, e l’ho ritrovato con molta emozione nel discorso del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. E considero una fortunata coincidenza che la sua rielezione sia avvenuta pochi giorni prima della Conferenza Mondiale per la Pace di “Science for Peace”, che si apre a Milano venerdì prossimo, e che s’ispira proprio ai concetti espressi da Obama: una pace costruita sulla promessa di libertà e dignità per ogni uomo.
Perché la pace non è un concetto astratto ma fatto di cose concrete: le scuole alle quali tutti hanno il diritto di accedere, i posti di lavoro ritrovati e da ritrovare, le cure mediche per tutti.
Nei suoi spostamenti elettorali, Obama ha incontrato un papà con la sua bimba di otto anni, ammalata di leucemia. La bimba può lottare per la vita, si sta curando: la riforma sanitaria (per la quale Obama tanto si è battuto) è stata approvata pochi mesi prima che la compagnia assicurativa smettesse di pagare per la sua salute.
Nell’ascoltare il discorso del presidente rieletto, i cui occhi si sono spesso bagnati di lacrime, gli ho invidiato la sua semplice ma profonda fiducia in quello che noi europei abbiamo definito a volte il sogno americano: «un’America generosa, piena di passione e di compassione, un’America tollerante, aperta ai sogni della figlia di un immigrato che studia nelle nostre scuole e crede nella nostra bandiera». Anche così si fonda la pace.
Dobbiamo credere, anche noi con «ostinata speranza», che l’Europa, considerata nel mondo il bastione dei diritti umani (unica area da cui è scomparsa la pena di morte) voglia tornare ad essere abbastanza giovane da credere anch’essa nella possibilità che il mondo diventi migliore. Delusi e intristiti, non crediamo più nella politica, che vediamo come «un combattimento di galli». Ma la politica può essere diversa, e le elezioni non sono una cosa piccola. Come ci ha ricordato Obama, in Paesi lontani ci sono persone che rischiano la vita per ottenere al popolo il diritto di avere libere elezioni, e di discutere tutti i giorni sulle cose che contano.
Umberto Veronesi