La forza delle idee
Libertà, solidarietà e tolleranza sono i tre princìpi fondamentali che guidano la mia Fondazione. Senza il rifiuto di valori assoluti, non è possibile far progredire la scienza
«Poca favilla gran fiamma seconda». È la speranza che Dante esprime nel primo canto del Paradiso, ed è stata anche la mia umile e appassionata speranza quando nel 2003 ho ideato la Fondazione «per il progresso delle scienze», con l’obiettivo di appoggiare con borse di studio la ricerca e la divulgazione scientifica in medicina, e di mettere a confronto le culture di tutto il mondo sui progetti che interessano l’umanità intera, e che da uno sforzo congiunto delle varie discipline scientifiche possono ricevere l’impulso per realizzarsi.
Un grande atto di fiducia è investire nella scienza di pace, che può portare il benessere dove c’è la fame, l’acqua dove c’è il deserto, il dialogo dove c’è lo scontro di culture che tentano di distruggersi perché non si comprendono, e perché non sanno immaginare lo splendore di nuove generazioni sottratte all’incubo della guerra e allevate nell’obiettivo della massima realizzazione dell’uomo. La scienza, che è ricerca per codificare l’ignoto, è anche passione civile, ed è una proposta di solidarietà tra gli uomini. La scienza non è asserragliata in una superba solitudine, come molti pensano, e mi piace ricordare qui le parole del biologo britannico Peter Medawar, premio Nobel per la medicina nel 1960: «E’ finalmente ora che si abbandoni l’idea fuorviante che la ricerca scientifica sia un’impresa fredda, spassionata, priva di qualità immaginative, e che lo scienziato sia un uomo il quale “gira la manopola” della scoperta; poiché, quale che ne sia l’oggetto e l’impegno, la ricerca scientifica è un’impresa piena di passione, e il progresso delle scienze dipende dall’esito di una specie di coraggiosa sortita verso ciò che può essere immaginato ma che non è ancora noto».
Francis Bacon e Galileo furono tra i primi pensatori dell’era moderna ad intuire l’importanza della scienza per la vita degli uomini. Nei secoli, la scienza ha gradualmente e lentamente umanizzato la società, facendo man mano prevalere la ragione sulla crudeltà, sul pregiudizio e sulla superstizione. Tutto ciò che fa parte della scienza fa parte della nostra civiltà, ed è compito della scienza anche interrogarsi sui propri errori e sulle proprie responsabilità. La scienza non è «neutrale», come qualcuno ha sostenuto, e non può non coincidere con l’etica: la scienza per l’uomo, e non l’uomo per la scienza. Il titolo del bel libro («Abbi il coraggio di conoscere») che Rita Levi Montalcini scrisse ispirandosi al motto di Emanuele Kant, mostra limpidamente che è la scienza ad aver fatto uscire l’uomo dallo stato di minorità in cui lo mantenevano l’ignoranza e i diktat dogmatici delle religioni. Invece la scienza teme le certezze e insegna a dubitare.
È modesta, non sale in cattedra. Riconosce che il suo compito sta nello spostare sempre un po’ più in là la frontiera di quello che sappiamo. Ha per sua natura, appunto, di «cercare più in là», di essere controcorrente rispetto alla società che la esprime. Nell’intento non di affermare se stessa, ma di cercare di capire e facendo tesoro degli errori. E se la scienza progredisce, si realizza anche un progresso della civiltà, del benessere, dell’economia. Pensiamo a ridurre le spese militari, a individuare le radici profonde del terrorismo e delle guerre civili. C’è molto da fare per stabilizzare il mondo, e possiamo riuscirci se la politica tiene conto della progettualità della scienza. Una scienza che si ispira, così come la Fondazione che ho creato, a tre princìpi fondamentali.
La libertà. Libertà di sapere e quindi libertà di scegliere. La libertà della ricerca scientifica è sempre stata osteggiata dalle religioni e dai regimi tirannici, mentre invece coincide con la democrazia. Viviamo in un periodo di grande fecondità della scienza biomedica. Con tutti i contrasti etici e ideologici, si tratta di un gigantesco confronto di idee. Basti pensare alla genetica, alla clonazione umana, alla fecondazione in vitro, alla diagnosi embrionale pre-impianto, alle tematiche di fine vita, all’eutanasia, alla libertà dal dolore. Nel campo della biosfera, il confronto è sugli Ogm, sulle energie rinnovabili, sulla crescente e ingiusta disuguaglianza nel consumo delle risorse.
La solidarietà. Nel suo «Trattato sulla tolleranza» Voltaire deplorava che ignoranza e pregiudizio non avessero ancora portato in Francia i vaccini, da poco scoperti. La scienza aveva proposto il suo aiuto solidale, ma senza esito. Continua ad accadere anche oggi, purtroppo. Perciò la Fondazione si propone come punto di riferimento per la prevenzione del tumore del collo dell’utero. Ogni anno continuano a morire milioni di donne, quando c’è un vaccino che potrebbe salvarle!
La tolleranza. Le religioni sono di nuovo alla ribalta come fòmite dell’intolleranza, anche se la spiegazione del preteso «scontro di civiltà» non coglie l’interezza del problema. Scriveva Albert Einstein, non credente: «Io non posso concepire un Dio che compensa e punisce le sue creature e che esercita una volontà simile a quella che noi sperimentiamo su noi stessi. Né so immaginarmi e desiderare un individuo che sopravviva alla propria morte fisica: lasciate che di tali idee si nutrano, per paura o per egoismo, le anime fiacche. A me basta il mistero dell’eternità della Vita, la coscienza e il presentimento della mirabile struttura del mondo in cui viviamo, assieme allo sforzo incessante per comprendere una particella, per piccola che sia, della Ragione che si manifesta nella natura».
Credo che sia un invito a diventare una società improntata al diritto mite, che significa coesistenza di valori e princìpi. Tolleranza, e quindi rifiuto di valori assoluti che - in quanto assoluti - postulano il sacrificio degli altri.
Umberto Veronesi