È un atto infame rubare ai malati
La corruzione è il peggior nemico della sanità. Se non la si arresta, si mette a repentaglio un intero modello sociale che in Europa realizza una redistribuzione della ricchezza, indispensabile per le democrazie
Ci sono azioni infami che non vengono percepite come tali da chi le commette. Per una specie di letargo morale, c’è chi può ridere pensando alla prospettiva dei buoni affari procurati da un terremoto, e c’è chi non pensa che ogni euro intascato a danno della sanità potrà determinare per altri esseri umani la differenza tra la vita e la morte, tra la salute e l’invalidità.
È la corruzione il peggiore nemico della Sanità. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha definito un «cancro», e il paragone una volta tanto non è fuori posto: le mazzette intascate sugli appalti dei lavori, il dilagare di consulenze fasulle, la «cresta» praticata sugli acquisti di farmaci, di protesi e di strumenti diagnostici svuotano il budget degli ospedali e delle Regioni, e indirettamente determinano tagli sui servizi e sulle prestazioni. Così, nei dipartimenti ospedalieri ridotti all’osso come personale e come tecnologie si fa reale il rischio di non trovare lo specialista che potrebbe salvare una vita o una culla di terapia intensiva per un neonato prematuro.
È singolare che dappertutto si scatenino dibattiti su temi etici che riguardano soprattutto i diritti della persona, ma non si ricordi mai che è un imperativo etico anche il non derubare il Servizio sanitario nazionale. Quando la corruzione s’innesta nel tessuto e negli organi vitali della nostra eccellente ma povera Sanità (voglio ricordare che in Europa guidiamo la classifica delle buone cure con risorse limitate) il risultato è drammatico: i malati cronici e quelli con patologie più serie sono le prime vittime di questo cancro che divora ogni anno oltre cinque miliardi di euro. Bisogna battere la corruzione. Francesco Macchia, presidente dell’Istituto per la promozione dell’etica in Sanità (Ispe), ha invitato tutti i cittadini a fare una battaglia etica contro il ladrocinio dei soldi di tutti: «Se la lotta contro i tumori ha fatto passi da gigante, derubricando quella che trent’anni fa veniva chiamata “male incurabile” in patologia che si può sconfiggere e superare, la stessa cosa può accadere con la lotta alla corruzione». Se ne deve parlare nelle piazze e nei dibattiti tra cittadini, ed esigere che si adottino procedure di controllo serie e rigorose.
Io non credo che ci sia un’azienda privata, anche molto grande e complessa, in cui non si eserciti un controllo sui centri di costo, e dove i manager dei livelli decisionali non siano tenuti a rendere conto del loro operato. La stessa cosa deve accadere nella gestione della Sanità, che - lungi dall’essere gratis - è finanziata dai contributi di tutti i cittadini, che ne sono gli azionisti reali. Se la corruzione non viene stroncata, è in pericolo lo stesso universalismo del Servizio sanitario nazionale, ed è in pericolo un modello sociale che in Europa realizza in pratica una redistribuzione della ricchezza, un principio di solidarietà indispensabile per le democrazie. L’ha ben compreso il presidente degli Stati Uniti, che si è battuto per far passare la riforma - sia pure imperfetta - che estende a tutti i cittadini la copertura sanitaria.
Quindi, difendiamo un modello che assicura a tutti le cure mediche, e difendiamolo con intransigenza, in modo che sui corrotti cada il disprezzo della società. E’ un atto infame rubare ai malati. Per comprarsi una casa, per frequentare alberghi di lusso, per cenare da golosi. Chiunque lo faccia, sappia che dopo aver superato il sottile discrimine tra onestà e corruzione non si torna indietro. E’ un reato odioso. Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun nel suo libro “Corrotto” fa un indimenticabile ritratto di un funzionario che intasca una prima mazzetta, inserita nel fascicolo di una pratica. È qui che lo Stato perde, e incomincia il deserto.
Umberto Veronesi