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La scienza che impara a comunicare se stessa

«Apriti Scienza» è un libro tecnico, ma chiaro e lucido che illustra le sfide presenti e future della comunicazione della scienza in Italia. Il punto di vista è quello dei ricercatori e degli scienziati

La scienza che impara a comunicare se stessa

«Apriti scienza», edito da Il Mulino, è un volume che non può mancare nelle librerie di chi si occupa di scienza e della sua comunicazione, a tutti i livelli: ricercatori e scienziati in primis, ma anche divulgatori e giornalisti. Curato dai sociologi Sergio Scamuzzi e Giuseppe Tipaldo dell’Università degli Studi di Torino, rappresenta una dettagliata fotografia, basata sull’osservazione e sull’analisi empirica, delle modalità di comunicazione della scienza nel nostro paese. E come viene comunicata la scienza influenza il modo in cui viene percepita dalla società e il contesto che ne influenza il suo sviluppo futuro. 

La prima parte del libro è dedicata all’esposizione dello studio ISAAC, condotto dall'Università degli Studi di Torino col Centro Interuniversitario Agorà Scienza, l'Istituto nazionale di Fisica nucleare e il Cnr. Si tratta di uno dei primi studi strutturati sulle pratiche di comunicazione della scienza messe in atto dalla comunità scientifica italiana. Questa è la grande novità e utilità: nell’ambito degli studi di scienza e società e della comunicazione scientifica, ci si è sempre focalizzati sull’analisi dei pubblici riceventi del messaggio (cittadini, associazioni di pazienti) o dei media, cioè le modalità di trasmissione del messaggio. Pressoché nulli, prima di ISAAC, gli studi sul terzo, fondamentale attore nel processo di comunicazione, ovvero i produttori dei contenuti scientifici: i ricercatori. 

Il volume espone nei dettagli la metodologia e i risultati utilizzati per censire il comportamento, l’attitudine e le pratiche di comunicazione della scienza messe in atto da scienziati italiani afferenti a discipline molto diverse (dalla medicina alle scienze della vita, dalla chimica e la fisica all'ingegneria e alla matematica, dall'agraria alla geologia, passando per le scienze sociali) che restituiscono un panorama a mosaico molto complesso ed eterogeneo. Emerge però una tendenza generale: che la comunicazione della scienza in Italia sia lasciata più alla passione e predisposizione del singolo ricercatore, che spesso è un autodidatta, e non inserita in maniera capillare e strutturata nel lavoro dello scienziato, anche per la mancanza di riconoscimenti e incentivi alla carriera che queste attività generano. Il libro contiene inoltre una serie di altri capitoli, firmati da ricercatori in ambiti sociologico, scientifico e della comunicazione della scienza, che affrontano temi collaterali altrettanto importanti come l'open access e la co-produzione della conoscenza, il ruolo dell’università nella “terza missione” di dialogo con la società, la comunicazione diretta attraverso i blog scientifici e gli eventi di divulgazione nelle scuole, le nuove modalità di dialogo partecipativo, le differenze e le somiglianze tra ricercatori in discipline “dure” o sociali.

La lettura di questo libro fornisce alcune risposte e molti spunti per impostare un nuovo modo , più strutturato e consapevole, di fare comunicazione della scienza, di cui il nostro paese non può più fare a meno. 

Sergio Scamuzzi e Giuseppe Tiapldo 

APRITI SCIENZA 

Il Mulino, 286 pagine, 23 euro 

Chiara Segré 

@ChiaraSegre



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