Covid-19 e la lezione sul valore della sanità pubblica
Ospedali d'eccellenza, ma a scapito del territorio. Perché l'Italia paga un prezzo così alto per la pandemia?
Il nostro servizio sanitario è rinomato per essere modello esemplare di egualitarismo (a ogni cittadino prestazioni uguali) e universalismo (nessuno ne è escluso). Ma l’esperienza di Covid-19 ne ha messo in luce i limiti e le debolezze.
Vent’anni di occupazione sistematica delle aziende e dei poli universitari da parte delle forze politiche ne hanno fatto luogo di spartizione, ferendo profondamente il senso della meritocrazia a danno sia della ricerca che dell’utenza, senza contare la fuga di medici e ricercatori all’estero, attratti da condizioni economiche e di prestigio più allettanti. Per troppi anni, gli operatori sanitari del nostro Paese sono stati umiliati da salari indecorosi oltre che dall’erosione di uno storico prestigio, che non è soltanto apparenza di facciata, ma rispecchia la solidità dei percorsi formativi e la profondità dei codici etici che ne governano l’agire quotidiano.
Sono state costruite eccellenze ospedaliere di profilo europeo - in particolare nel nord Italia - ma depauperando la medicina territoriale e il ruolo strategico dei medici di famiglia. Anche la pianificazione di risposte organiche e complesse a fronte di eventi pandemici, pur contemplata sulla carta, ha rivelato la sua sostanziale inconsistenza. E su questa impreparazione il contagio ha potuto mietere vittime indisturbato non solo fra i soggetti più vulnerabili, ma anche fra medici e infermieri, rimasti a lavorare in condizioni di altissimo rischio con una generosità spinta ai limiti dell’eroismo.
Eppure tutte queste cose erano note. Ma chi ne aveva la responsabilità, evidentemente, ha latitato. Per troppo tempo un meccanismo così delicato, vitale e complesso come il servizio sanitario è stato lasciato nelle menti di persone non adeguatamente preparate. E smemorate.
Giorgio Macellari è chirurgo senologo, docente di Bioetica, scuola di specializzazione in chirurgia dell'Università di Parma