Quel pasticcio sulla carne coltivata
La legge italiana sulla carne coltivata è inapplicabile. E adesso?
È di questi giorni la notizia che la Commissione europea ha archiviato in anticipo l’esame della legge che il governo italiano ha da poco approvato sulla “carne coltivata” a partire da cellule staminali. La legge, quindi, è inapplicabile.
Al di là delle considerazioni politiche, questa decisione rappresenta un’occasione per voltare pagina e aprire finalmente una discussione pubblica seria su un tema tanto delicato quanto quello del futuro del cibo e, dunque, anche del nostro sistema agro-alimentare e dell’ambiente.
Nel 2018, il Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi è stato uno dei primi organi istituzionali in Italia a esprimersi sugli aspetti scientifici, etici e sociali della carne ottenuta tramite tecniche di colture cellulari – la cosiddetta “carne coltivata” da cellule staminali. Il Documento “Dagli allevamenti intesivi all’agricoltura cellulare. Parere del Comitato Etico a sostegno dello sviluppo e diffusione di tecniche finalizzate alla produzione di carne e altri derivati animali da colture di cellule staminali”, inizia con il riconoscimento che il modello “di produzione e consumo intensivo di carne è eticamente ed ecologicamente insostenibile”.
Oggi come allora la situazione non è migliorata. Negli allevamenti intensivi, ogni anno continuano a perdere la vita “decine di miliardi di esseri senzienti capaci di provare dolore ed emozioni complesse, spesso dopo un’esistenza trascorsa in totale cattività”. Inoltre, la coesistenza forzata di migliaia di animali confinati in spazi ristretti costituisce ancora “un pericolo per la salute pubblica, sia perché richiede un utilizzo massiccio di antibiotici, sia perché facilita il contagio tra animali e animali e tra animali e uomo”. Infine, come molteplici studi hanno confermato, l’allevamento intensivo di animali rappresenta oggi come ieri una delle principali cause “dell’emissione di gas ad effetto serra, del consumo di suolo e dell’elevato consumo di acqua, nonché di altre criticità legate allo smaltimento dei liquami eccedenti”. Nel Parere il Comitato sostiene che tali problemi, di per sé già gravi, siano inoltre destinati a esacerbarsi a causa della crescita sia della popolazione mondale, sia della domanda di carne, la quale, secondo della FAO, potrebbe quasi raddoppiare entro il 2050. Purtroppo, fino a ora i dati sembrano confermare questa traiettoria, rendendo ancora più urgente ripensare l’attuale modello agro-alimentare secondo un’ottica più giusta e sostenibile.
Il problema, purtroppo, a oltre i dati di fatto e si estende anche alla qualità del presente dibattito pubblico su questi temi, il quale ha assunto, negli ultimi mesi, preoccupanti derive ideologiche e antiscientifiche. Un chiaro esempio di questa deriva, è rappresentato dalla nota informativa che le delegazioni di Austria, Francia e Italia – con il supporto di quelle Ceche, Cipriote, Greche, Ungheresi, Lussemburghesi, Maltesi, Polacche, Rumene, Slovacche e Spagnole – hanno presentato in occasione della discussione dell’ultimo “Agriculture and Fisheries Council”, tenutosi a Bruxelles il 23 gennaio 2024. Nella nota, intitolata “Il ruolo della PAC nel salvaguardare la produzione alimentare agricola primaria e di alta qualità”, si sostiene che le tecniche di agricoltura cellulare “rappresentano una minaccia per gli approcci primari basati sulle aziende agricole e metodi di produzione alimentare genuini che rappresentano il cuore stesso del modo di coltivare europeo” e si invitano gli Stati Membri a una maggiore cautela prima di procedere all’approvazione e messa in commercio di questi prodotti.
A sostegno della necessità di adottare un approccio di “precauzione” nei confronti di questi nuovi alimenti, però, la nota informativa presenta una serie di argomentazioni fallaci e prive di fondamento scientifico, rischiando così di propagare idee false e fuorvianti sulla natura, i benefici e i rischi dei cibi che possono essere prodotti tramite tecniche di agricoltura cellulare.
Nella nota, ad esempio, si afferma che “la carne coltivata in laboratorio non rappresenta un'alternativa ecologica alla carne prodotta da animali d'allevamento”. A sostegno di questa affermazione si cita uno studio preliminare secondo cui l’agricoltura cellulare potrebbe generare fino a 25 volte la CO2 per kilogrammo di carne rispetto ai metodi di allevamento convenzionali. Questo studio, si evita però di dire, è stato promosso dal CLEAR – un centro dell’Università di Davis, in California, finanziato proprio dai grandi produttori di carne – e non è mai stato sottoposto a revisione paritaria da parte di esperti indipendenti.
Le conclusioni di questo studio, inoltre, sono in palese contraddizione con quelle raggiunte dalla stragrande maggioranza degli studi e dei report, nonché con il consenso della comunità scientifica (su questo tema, inoltre, si può consultare anche un rapporto dedicato delle Nazioni Unite).
Ad esempio, uno studio recente, indipendente e pubblicato su una rivista con revisione paritaria, ha calcolato che la carne coltivata potrebbe “ridurre l'impatto climatico della carne fino al 92%, ridurre l'inquinamento atmosferico fino al 94% e utilizzare fino al 90% in meno di terreno rispetto alla carne bovina” (Questi dati sono riportati anche la nota di fact-checking pubblicata dalla Cellular Agricolture Europe – Gfi in risposta alla nota informativa sottoposta a Bruxelles).
La nota afferma anche che le tecniche di coltura cellulare non prevedono “standard più elevati di benessere degli animali”. Questa affermazione è, di nuovo, palesemente falsa. Come già notava nel 2018 il Comitato Etico, è vero che alcune tecniche di coltura cellulare possono prevedere l’utilizzo del “siero fetale bovino” (SFB), un sottoprodotto della macellazione. Tuttavia, già nel 2018, il Comitato aveva evidenziato come fossero attive molteplici linee di ricerca per evitare l’utilizzo del SFB – visti anche i costi e l’inconsistenza tra i vari lotti che lo rendono inadatto alla produzione su larga scala. Già oggi diverse realtà non utilizzano più il SFB nelle proprie colture cellulari. Di contro, ogni giorno, nel mondo, vengono uccisi per la loro carne centinaia di milioni di pesci, 202 milioni di polli, 12 milioni di anatre, 3.8 milioni di maiali, 1.7 milioni di pecore, 1.4 milioni di capre e 900.000 bovini. Molte di queste vite animali e delle loro sofferenze potrebbero essere risparmiate se l’attuale modello di produzione di carne comprendesse, almeno in parte, il ricorso a prodotti ottenuti tramite agricoltura cellulare.
Oltre a contenere affermazioni false, la nota informativa sottoscritta dalle delegazioni di Austria, Italia e Francia e supportata da quelle di altri paesi rappresenta, a parere del Comitato Etico, l’ultimo atto di un dibattito sui rischi e benefici di queste nuove tecniche che sta assumendo sempre di più connotazioni ideologiche e politiche, a scapito del rigore scientifico e della trasparenza verso i cittadini e i consumatori su un tema così cruciale.
In tale contesto, il Comitato Etico di Fondazione Veronesi sta lavorando a due nuovi documenti, entrambi incentrati su tema del cibo del prossimo futuro. Il primo sarà un Parere dedicato all’allevamento e consumo di insetti per fini alimentari. Il secondo sarà, invece, un comunicato breve volto a ribadire e aggiornare la posizione del Comitato Etico sul tema della carne da colture cellulari.
Come per tutti i documenti del Comitato Etico, in entrambi i casi si partirà prima di tutto dallo stato attuale delle conoscenze scientifiche, senza pregiudizi in un senso o nell’altro.
Le scelte che ci attendono sono molte, importanti e difficili. Per questo la cosa più stupida che possiamo fare è quella di affidarci ciecamente alle ideologie invece che a ciò che ci dice la scienza