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Perché si deve votare subito una legge sul biotestamento

Ma l'approvazione in tempi brevi appare sempre meno probabile, con buona pace dei diritti dei cittadini

Perché si deve votare subito una legge sul biotestamento

Nonostante le promesse fatte prima dell’estate, i margini per riuscire ad approvare una legge sul biotestamento durante la presente legislatura appaiono sempre più ridotti. La legge è stata approvata in prima lettura alla Camera a fine aprile, ma il percorso che dovrebbe portarla alla votazione in Senato sembra essere sempre più in salita. Questo lo si deve, in parte, al fatto che negli ultimi mesi la discussione politica si è concentrata su altri temi e, in parte, a una serie di azioni coordinate di chiaro ostruzionismo parlamentare, le quali puntano a dilatare i tempi della discussione preliminare per impedire alla legge di approdare in Senato in tempo utile per il voto. 


A fronte di questa situazione, due giorni fa, Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia hanno firmato un appello significativamente intitolato «La dignità della vita ferma in Parlamento». In questo testo i quattro senatori a vita osservano giustamente come «in Italia, benché se ne dibatta da decenni, il tema sembra condannato a essere gestito nei processi, dai tribunali, dai singoli magistrati, in continua supplenza di una politica incapace di fare quel che le è proprio, il legislatore. La nazione culla del diritto non riesce a dare ai suoi cittadini una cornice giuridica certa in cui poter esercitare le proprie scelte, liberamente e responsabilmente, su una materia personalissima di libertà individuale». L’appello si conclude con la richiesta che il Parlamento cominci, finalmente, a trattare i suoi cittadini come degli adulti sui vari temi dell’etica, «lasciando loro a fine legislatura, come un prezioso legato, il riconoscimento di questo spazio incomprimibile di libertà e responsabilità».


Questo appello, oltre a riportare l’attenzione sul tema, sembra avere prodotto i risultati sperati. La relatrice Emilia De Biasi (Pd), infatti, ha annunciato che si dimetterà la settimana prossima per consentire di aggirare l’ostruzionismo parlamentare che mira a impantanare la legge in commissione Sanità. Se questa strategia andrà a buon fine, lo si vedrà a breve. Per ora la cosa più importante è quella di ricordare a tutti che votare una legge sul biotestamento in questa legislatura è non solo ancora possibile, ma doveroso. La politica lo deve a tutti i cittadini, specialmente dopo le innumerevoli promesse fatte dopo i vari casi di cronaca come quelli di Welby, Englaro e, più recentemente, di Nuvoli e Piludu. Soprattutto, la politica lo deve alle migliaia di persone che, in assenza di una legge su questi temi, ogni anno sono costrette ad affrontare un ulteriore, doloroso e faticoso percorso fatto di denunce, appelli, avvocati, giudici e sentenze per riuscire a vedersi riconosciuto il fondamentale diritto all’autodeterminazione. 


Ci sono almeno due cose che si possono fare per superare questa situazione. La prima consiste nel tenere alta la pressione sulla classe politica, chiedendo l’abbandono di qualsiasi ostruzionismo a livello parlamentare. È infatti arrivato il momento che la classe politica si assuma le proprie responsabilità davanti ai cittadini fino in fondo. Chi si oppone alle legge potrà comunque esprimere la propria contrarietà attraverso il voto. Se, invece, non si arrivasse alla votazione, non solo si renderebbe vano il grande lavoro di mediazione fatto fino a ora, ma si impedirebbe anche ai cittadini di conoscere quali dei loro rappresentanti politici sostengono o meno le loro posizioni su temi centrali come quelli relativi ai diritti in materia di libertà personale e di salute. 


La seconda cosa che si può fare è prepararsi, fin da subito, alla possibilità che, nonostante tutti gli sforzi, la legge sul biotestamento non riesca a essere votata durante la presente legislatura. Questo significherebbe, probabilmente, prolungare la discussione politica per diversi mesi, se non per anni. In questo caso, la battaglia per conquistare il diritto a scegliere in autonomia in materia di cura dovrà spostarsi su altri due fronti: quello delle amministrazioni locali e quello delle scelte personali. Gli amministratori locali, infatti, anche in assenza di una legge possono già fare molto: per esempio istituendo dei servizi legali appositi e dei registri nei quali i cittadini possano depositare i propri testamenti biologici. È in questo senso che il comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi ha scritto un parere nel quale si chiede con forza alle «istituzioni pubbliche competenti a dar corso tempestivamente a ogni possibile azione al fine di rendere concretamente esercitabile il diritto di redigere un testamento biologico e di vederlo rispettato, convinti come siamo che il tempo abbia valenza etica».

Ma anche questo è insufficiente se i cittadini non sono adeguatamente informati e preparati su questi temi. Per questo, ora più che mai, è importante proseguire una discussione, già aperta ma ancora acerba nel nostro paese, sui temi dell’etica, della bioetica e del fine vita, rendendola il più inclusiva e partecipata possibile. Infine, occorre che ognuno di noi sia conscio del fatto che, in assenza della politica, esiste sempre la possibilità che domani potremmo essere noi a dover lottare in prima persona per vedere rispettati quelli i nostri diritti più fondamentali. In quella che, con tutta probabilità, sarebbe comunque una lotta impari, essere preparati può fare la differenza. Si può cominciare anche solo con un piccolo passo, per esempio, scaricando il modulo per redigere il proprio testamento biologico e informandosi come e dove sia possibile depositarlo. 



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