Altruismo, beneficenza e onestà
È giusto promuovere iniziative benefiche da cui si trae anche un vantaggio personale? Oppure, la vera beneficenza è solo quella che si fa in segreto?
Ultimamente si discute molto di beneficenza e del modo di fare “del bene”. È giusto trarre un vantaggio personale da iniziative benefiche, o la vera beneficenza è solo quella fatta in segreto?
Per chiarire, bisogna distinguere tra “intenzioni” ed “effetti”: si è egoisti se l’obiettivo principale è il proprio beneficio, altruisti se si mira soprattutto al bene altrui.
Le azioni, però, hanno sempre conseguenze, positive o negative, sia per chi agisce che per chi le subisce. Secondo Carlo M. Cipolla esistono quattro categorie fondamentali di azioni a seconda dei loro effetti su di sé e sugli altri
- Intelligenti: beneficiano sia chi le compie che gli altri.
- Sprovvedute: danneggiano sé stessi ma beneficiano gli altri.
- Banditesche: beneficiano chi le compie ma danneggiano gli altri.
- Stupide: danneggiano tutti.
Un’azione come donare in beneficenza può essere “intelligente”, creando beneficio per sé e per gli altri.
Il concetto che “fare del bene fa bene” non è nuovo: da Seneca alla storia delle religioni, si è spesso sottolineato che chi aiuta gli altri riceve anche vantaggi personali. Studi scientifici confermano che donare rende più felici, meno stressati e dà significato alla vita. L’unico peccato da non commettere mai è essere disonesti: mentire sulle intenzioni per ottenere vantaggi personali mina l’etica, anche se l’azione porta benefici agli altri. La percezione sociale dell’altruismo può infatti portare vantaggi, come ammirazione o status. Questo genera sospetti verso chi agisce per “fare del bene”, considerato un “egoista travestito”. Per questo, alcuni sostengono che la beneficenza vada fatta in segreto, così da garantire la sincerità delle intenzioni. Tuttavia, questa visione è limitata: fare beneficenza pubblicamente può ispirare altri a donare, creando un effetto positivo, indipendentemente dalle motivazioni personali.
Quando si parla di beneficenza è bene dunque ricordarsi due cose. La prima è che le buone intenzioni non bastano. Agire da altruisti “intelligenti” significa considerare le conseguenze delle proprie azioni, assicurandosi che producano benefici reali e, se possibile, il massimo impatto positivo. La seconda è che la disonestà è sempre sbagliata: chi dichiara di agire per altruismo ma persegue il proprio interesse tradisce la fiducia altrui, anche se il risultato è comunque positivo. Essere trasparenti è essenziale, soprattutto nell’era dei social media.
Di questo e di altri temi legati all’altruismo ne ho parlato nel libro “La felicità è un dono: perché l’altruismo intelligente è la scelta migliore che puoi fare”, Sonzogno 2022.