Il testamento biologico «piace», ma è poco applicato
Abbiamo l'opportunità di indicare quali trattamenti ricevere nel fine vita. Ma ce ne serviamo ancora poco
Il 22 dicembre 2017 è stata approvata la legge 219/2017 in materia di «Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento». Il provvedimento ha segnato una svolta importante, sancendo nuovi diritti per tutti i cittadini, tra cui quello di redigere le proprie Disposizioni Anticipate di Trattamento (o DAT) - e cioè, il proprio testamento biologico - indicando «ora per allora» quali trattamenti si desiderano accettare o rifiutare qualora non si possa più decidere per sé.
Adesso, a più di due anni dall’approvazione della legge 219/2017, una ricerca pubblicata sul «Journal of Pain and Symptom Management» da un gruppo di esperti dell’Azienda Sanitaria Locale di Reggio Emilia aiuta a fare il punto della situazione. Coinvolgendo oltre duemila persone, gli studiosi hanno messo a punto un questionario per indagare la consapevolezza, le opinioni e le attitudini dei cittadini italiani rispetto alla legge 219/2017. I risultati emersi sono molto interessanti. Ben il 70 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere a conoscenza della nuova legge. Inoltre, 1.430 persone si sono dichiarate consapevoli di tutti i nuovi diritti previsti dalla legge 219/2017. Nello specifico, il più noto è risultato essere quello di «essere informati circa il proprio stato di salute» (95.4 per cento). Mentre tra i meno conosciuti, nell’ordine, sono stati citati quello di «non sapere il proprio stato di salute» (53.4 per cento), il diritto a «ricevere la sedazione palliativa profonda e continua» (68.5 per cento), il diritto di «sospendere le cure in corso» (72.9 per cento) e quello a «interrompere la nutrizione e l’idratazione artificiale» (75.4 per cento).
I ricercatori hanno inoltre chiesto a tutti i partecipanti di esprimersi rispetto alla questione etica più controversa che riguarda l’applicazione della legge 219/2017: il dovere del medico di rispettare le volontà del paziente anche quando la richiesta è di non somministrare o di sospendere cure salva-vita. In modo piuttosto consistente, oltre l’80 per cento ha asserito di considerare giusto rispettare le volontà dei pazienti, anche in questi scenari limite. Infine, dato anche questo confortante, più dell’87 per cento degli intervistati ha dichiarato di considerare la legge 219/2017 «piuttosto» o «molto» utile e importante. A fronte di questi dati rassicuranti, a ogni modo, bisogna rilevare che esiste ancora una grande discrepanza tra chi dichiara di considerare importante redigere le proprie disposizioni anticipate di trattamento e quanti, fino a oggi, le hanno effettivamente depositate.
Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, a maggio del 2019 erano state depositate 63.030 DAT: un numero pari allo 0.12 per cento della popolazione. Esiste quindi uno scarto ancora molto ampio tra chi ha sentito parlare della legge sul biotestamento e dichiara di voler redigere le proprie DAT e chi effettivamente lo fa. Come rilevano anche gli autori dello studio, questa differenza è dovuta al fatto che molte persone non sono ancora propriamente informate sui passaggi necessari per registrare le proprie DAT in modo che esse siano effettivamente valide. Pertanto, è «cruciale promuovere iniziative pubbliche e l’uso di risorse online» per incrementare le informazioni il numero di DAT attualmente compilate.
É proprio per raggiungere questi obbiettivi che Fondazione Umberto Veronesi ha da tempo messo a disposizione di tutti una serie di strumenti utili, tra cui una guida semplice e gratuita per capire la nuova legge e come compilare le proprie DAT (clicca qui per scaricarla); un modulo pre-compilato che può essere scaricato e adattato alle proprie esigenze (clicca qui per scaricarlo); e, infine, la possibilità di contattare direttamente un esperto in materia inviando semplicemente una email a testamentobiologico@fondazioneveronesi.it.