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Il Comitato Nazionale per la Bioetica e la sfida del fine vita

Fra i primi temi sul tavolo del nuovo Comitato Nazionale per la Bioetica c'è il suicidio medicalmente assistito

Il Comitato Nazionale per la Bioetica e la sfida del fine vita

Il 7 dicembre 2022 è stato nominato il nuovo Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB). Il CNB è un organo istituzionale che svolge funzioni sia di consulenza presso il Governo e il Parlamento, sia funzioni di informazione presso la cittadinanza su temi che riguardano l’etica e il progresso tecnico-scientifico, soprattutto nei campi della biomedicina e delle scienze della vita. Negli anni l’operato del CNB è stato fondamentale per orientare una serie di scelte a livello legislativo, deontologico e pratico di grande importanza per la vita di tutti i cittadini. Basti pensare ai 13 documenti che il CNB ha pubblicato durante l’emergenza pandemica da COVID-19, i quali sono stati poi fondamentali per orientare le scelte del Governo su questioni vitali come le decisioni cliniche “in situazioni di emergenza” – e cioè il problema di come allocare risorse scarse come i ventilatori polmonari durante il picco della pandemia –, oppure le questioni bioetiche relative all’obbligo vaccinale e al “green pass”. Oltre al suo ruolo durante la pandemia, però, negli anni il CNB si è espresso anche su tantissime altre questioni fondamentali di bioetica: dal fine vita alla procreazione medicalmente assistita, dalle biobanche pediatriche fino all’editing genetico.

Attualmente, sul tavolo del nuovo CNB, ci sono diversi temi urgenti. Il primo di riguarda il suicidio medicalmente assistito. Dopo la nota sentenza “sul caso Cappato”, anche nel nostro Paese è possibile chiedere di accedere al suicidio medicalmente assistito qualora si rispettino alcune condizioni. Quello che non è ancora chiaro, però, è a chi e come si debba rivolgere questa richiesta. Negli ultimi mesi questa incertezza normativa si è riverberata direttamente sulla vita di alcune persone, portando a casi assai poco edificanti come quelli di “Mario” e Fabio. Come notavo, per risolvere questa situazione esistono tre possibilità.

La prima è di affidare queste decisioni ai “comitati per la sperimentazione clinica”, i quali sono stati recentemente riorganizzati con un decreto firmato dal Ministro Schillaci poco giorni fa. Questi comitati hanno il vantaggio di essere diffusi su tutto il territorio nazionale, ma hanno anche lo svantaggio di essere stati pensati per uno scopo molto specifico: decidere ed eventualmente approvare sperimentazioni cliniche. Per questa ragione, questi comitati sono spesso composti da specialisti che si occupano di ricerca clinica e biomedica e raramente da esperti che invece si occupano di cure palliative, fine vita, o che hanno familiarità con i problemi dell’etica clinica.

La seconda possibilità, allora, è di affidare queste delicate decisioni ai “comitati per l’etica nella pratica clinica”. Come suggerisce il nome, questi comitati nascono precisamente per occuparsi di questioni di etica clinica. Pertanto, almeno sulla carta, sembrano essere più adeguati a prendere in carico richieste come quelle che riguardano l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Il problema, però, è che questi comitati sono ancora pochi e non presenti su tutto il territorio nazionale. Vi sono altri due problemi sostanziali che potrebbero determinarsi: il primo è di correrebbe il rischio di avere pronunce molto frammentate e contraddittorie sul territorio nazionale, perché ogni comitato potrebbe decidere in modo diverso dagli altri e adottare procedure diverse.

Il secondo problema è, poi, che per loro natura questi comitati nascono per assistere i professionisti sanitari nell’affrontare dilemmi etici, ed hanno quindi una funzione più consultoria che decisionale. In questo contesto, potrebbe essere di seguire una terza strada, ovvero di creare dei comitati ad hoc regionali che avrebbero una composizione appropriata, di essere in numero limitato, favorendo il coordinamento tra loro in modo da favorire una giurisprudenza coerente e sarebbero anche maggiormente accessibili e riconoscibili dalle persone. In tutti i casi, però, il Comitato Nazionale per la Bioetica sarebbe chiamato a indicare quali comitati devono prendere in carico le richieste e, con l’occasione, potrebbe anche definire alcuni criteri minimi o sulle procedure da adottarsi, nonché le modalità e le tempistiche per fornire le eventuali risposte. Nel complesso, un compito non facile e allo stesso tempo urgente.

Nell’augurare un buon lavoro al nuovo CNB e al suo nuovo Presidente, il Prof. Angelo Vescovi, una nota finale in merito alla composizione. Nel suo primo mandato, tra i membri allora nominati con decreto il 28 marzo 1990, l’ultimo nome che compare è quello di Umberto Veronesi. Proprio Umberto Veronesi volle poi creare nel 2013 il Comitato Etico della Fondazione che ancora oggi porta il suo nome, e di cui ho l’onore di essere il Coordinatore. Tra i membri del primo Comitato Etico, Veronesi chiamò anche la Prof.ssa Cinzia Caporale, esperta di bioetica a livello internazionale, la quale ha poi ricoperto negli anni prima il ruolo di Presidente del Comitato della Fondazione dopo lo stesso Veronesi e poi la carica di Presidente Onorario. La bella notizia è che prof.ssa Caporale è appena stata riconfermata tra i membri del nuovo CNB. Questo è un segno molto positivo, non solo perché rappresenta un riconoscimento per quanto fatto nel passato dalla prof.ssa Caporale nell’ambito della bioetica, ma anche e soprattutto perché offre a tutti i cittadini una garanzia in più che il punto di vista laico e pluralista che era proprio di Umberto Veronesi sarà di nuovo presente anche nelle discussioni e deliberazioni che vedranno impegnato il nuovo CNB.



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