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Cosa ci sta insegnando Charlie Gard

Il caso del bimbo inglese solleva questioni inedite su diritti dei malati, accesso alle cure sperimentali e fine vita

Cosa ci sta insegnando Charlie Gard

*aggiornamento:  La sera del 24 luglio i genitori di Charlie hanno comunicato di avere rinunciato alla richiesta di poter sottoporre il bambino a cure sperimentali, perchè la situazione clinica era ormai irrimediabilente compromessa. Leggi il nuovo post

 

Charlie Gard è il bambino inglese di 11 mesi affetto da una malattia rara e gravissima per cui i medici avevano chiesto la sospensione delle terapie e del supporto vitale. Il verdetto definitivo su questo caso è atteso per l’inizio di questa settimana, quando un giudice dell’Alta Corte di Londra dovrà decidere se dare seguito alle direttive dei giudici precedenti, i quali si erano già espressi per quattro gradi di giudizio a favore della richiesta dei medici. 

Dal punto di vista del dibattito bioetico internazionale, l’interesse su questo caso si è gradualmente spostato sulla questione di chi dovrebbe decidere in situazioni simili. Indipendentemente da cosa decreterà il giudice, infatti, il caso di Charlie Gard solleva molti interrogativi su quali debbano essere i limiti che lo Stato o la collettività possono imporre alle decisione dei genitori. Per questo è interessante il commento scritto da Peter Singer e Julian Savulescu, due tra i più influenti bioeticisti a livello internazionale. In Charlie Gard, perché Donald Trump e il Papa hanno ragione, Singer e Savulescu sostengono – forse in modo sorprendente per chi è familiare con altre loro posizioni – che al momento esiste un ragionevole disaccordo riguardo alle possibilità di miglioramento clinico e che, pertanto, “si debba acconsentire alle richieste dei genitori ed errare dal lato della possibilità della vita. L’alternativa è una morte certa”. Questo articolo (leggibile in inglese) rivela come il caso di Charlie Gard solleva dei problemi almeno in parte inediti e stia suscitando un dibattito interessante non solo nell’opinione pubblica, ma anche tra gli esperti di etica biomedica.



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